Cannavaro esclusivo: "Juve, una flessione che non mi sorprende"

L’ex Pallone d’Oro adesso pedala come un semiprofessionista. Ma non vede l’ora di tornare ad allenare. “Nei concetti di Spalletti mi ritrovo facilmente. L'Inter con Inzaghi è più libera di ripetersi”
Cannavaro esclusivo: "Juve, una flessione che non mi sorprende"© EPA
Ivan Zazzaroni
5 min

Cannavaro adesso pedala compulsivamente, «perché non ho un cazzo da fare». E ride, orientando subito in discesa la nostra chiacchierata. «Quello della bici era un mondo a me sconosciuto, quando stavo in Cina mi ci introdusse l’avvocato Minghetti. Volevo fare attività nonostante il ginocchio sinistro - si gonfia non appena tocco un pallone -, lui mi fece parlare con Ivan Basso che mi mise in contatto con la Trek. Da allora non mi sono più fermato. Tra mountain bike e bici da corsa, 13mila chilometri in meno di un anno. Ad agosto sono rientrato in Italia e ho trovato un bel gruppo, ragazzi campani, appassionati e simpatici, gente normale, senza la “perversione” del primatista. Non seguiamo schede, né programmi specifici. Ci ritroviamo la mattina e decidiamo il tragitto. Ieri siamo saliti sul Vesuvio, a volte preferiamo la Costiera, o Mondragone. A qualcuno è venuta l’idea di spingerci fino a Roma, siamo partiti e in otto ore ci siamo fatti 245 chilometri, tutti documentati. Io mi sono dato un obiettivo: tre volte a settimana e 2.000 calorie al giorno».

Per quale motivo?

«Per mangiare… Sono una bellezza, anche se mi sto facendo vecchio. Prima uscivo con i figli, adesso con la bici, mia moglie se n’é fatta una ragione. Pensa che la Trek mi ha messo addirittura sotto contratto».

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Fabio, nel tuo futuro c’è una panchina o il Mondiale su strada per veterani?

«Torno ad allenare. In questi mesi ho ricevuto tante proposte, in particolare dall’Asia, ma ora voglio misurarmi con l’Europa. Sono stato un mese a Londra, mia figlia vive lì, ho conosciuto un sacco di persone e iniziato una collaborazione con Pini Zahavi. Mi sono dato un tempo, sto fermo fino a dicembre, poi comincio a girare per campi d’allenamento. Ho parlato con Tuchel per seguire il Chelsea, con Guardiola per il City, e mi piacerebbe poter vedere Spalletti a Castel Volturno. Per ora ci sono passato solo in bici. E non mi sono fermato».

Lo consideri un modello?

«Lo seguivo anche alla Roma. Ha dei concetti nei quali mi ritrovo perfettamente. Ho visto spesso il Napoli, anche quando ha perso ha sempre giocato. Con l’Empoli e lo Spezia Luciano è stato sfigato: gli hanno portato via i tre punti senza tirare in porta. Tutti a dire che doveva mettere Mertens, che non doveva togliere Zielinski. Chi è sceso in campo ha tirato la carretta. Purtroppo gli infortuni sono stati pesantissimi».

A gennaio trova subito Allegri .

«La flessione della Juve non mi ha sorpreso, la ritengo inevitabile, fisiologica. Non dimentichiamo che ha perso il salva-allenatori».

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L’Inter ne ha immediatamente approfittato.

«È davvero completa, e mi fa piacere per Simone Inzaghi, troppe diffidenze nei suoi confronti, non è mai stato considerato un allenatore da grande squadra e invece ha tutto per riuscire: sa come prendere i giocatori, li fa stare bene. Rispetto allo scorso anno sono più liberi di esprimersi e in campo si nota. Io, come Simone, non mi considero un inventore, ho dei princìpi di gioco, i miei concetti, la mia fase d’attacco e la mia fase difensiva. Sono molto esigente, non un semplice gestore. L’esperienza in Cina è stata molto formativa: ho fatto il manager a trecentosessanta gradi, non pensavo solo alla squadra, ho costruito il centro sportivo, lavorato sul nuovo stadio. Evergrande era, per importanza, uno dei primi cinque club dell’Asia. La proprietà è stata subito chiara: mi ha chiesto di ringiovanire radicalmente la rosa, che ho portato da 33 anni di media a 22, ventitré. Non erano tutti Paulinho e Talisca. Un titolo nazionale, due secondi posti, la semifinale della Champions asiatica. In Cina le cose sono precipitate nell’ultimo anno e purtroppo la crisi mi è costata qualche rinuncia pesante».

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Purtroppo tra noi e il Qatar potrebbe esserci il Portogallo. Vuoi che ti faccia l’elenco dei compagni di Ronaldo?  

«Ruben Dias, Cancelo e Bernardo Silva del City, Diogo Jota del Liverpool, Joao Feliz dell’Atletico, Bruno Fernandes dello United, Leao del Milan, e qui mi fermo. Dalla nostra parte c’è la consapevolezza di essere i campioni d’Europea e di aver battuto l’Inghilterra a Wembley, anche se Southgate ci ha dato una bella mano ai rigori... A novembre abbiamo pagato lo scotto del mese maledetto, dove noi italiani andiamo storicamente in difficoltà. Me lo ripeteva spesso Maldini, Cesarone, prima dello spareggio con la Russia. Non voglio nemmeno pensare che Roberto non ce la faccia: la seconda eliminazione di fila sarebbe un dramma». 

Il campionato, secondo te, gli sta dando una mano? Penso a Scamacca, Frattesi…

«Gli auguro di recuperare quelli che sono mancati a Roma: Chiesa, Chiellini, Immobile, Verratti, Pellegrini. Se rientrano questi, andiamo a giocarcela».

Tutta l'intervista esclusiva sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio


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