Capello esclusivo: "Ridateci il calcio all'italiana"

Don Fabio: “Continuiamo a copiare il Guardiola di 15 anni fa. Stiamo aiutando gli altri a batterci, il modello giusto è quello tedesco”
Capello esclusivo: "Ridateci il calcio all'italiana"© ANSA
Ivan Zazzaroni
3 min

«Villarreal, Atletico, Real Madrid… oggi mi ha telefonato un giornalista spagnolo, mi ha detto che dalle sue parti va forte il calcio all’italiana». Fabio Capello aggiunge ogni volta una battuta, una frase, un tono, una prospettiva capaci di illuminare perfino il passaggio più scontato, la più elementare delle valutazioni. Lo trovo in gran forma, dentro ogni sua risposta c’è un sorrisetto tra l’ironico e il caustico.

Fabio, ma l’hai visto l’Atletico?

«Eh».

Che risposta è, “eh”?

Primo sorrisetto. «Divertente, sì, molto».

Mi prendi in giro. Secondo sorrisetto.

«Si è messo lì per non consentire al City di fare quello che voleva. Sai come diceva Ancelotti?».

Li abbiamo chiusi nella nostra area? È di Mancini, se non sbaglio, non di Carlo.

«L’obiettivo di Simeone era quello di non subire gol. Uno l’ha preso, ma adesso a Madrid può giocarsi la qualificazione».

[...]

È la stessa cosa che l’altra sera mi ha scritto un importante allenatore di serie A. Ti leggo il suo messaggio: «Palla a Foden, ne salta 2, vincono...».

«Oggi non esistono più i difensori forti e i portieri fanno bei regali, vedi uno dei tre gol di Benzema. Gli avversari non vanno aiutati a batterti e gente come Carlo (Ancelotti, nda), Simeone e Emery lo sa bene. Guarda un po’ come sono finite le tre partite delle spagnole. Quelli che dicono “noi siamo noi e ce la giochiamo alla pari con i più forti” mi fanno ridere. Giocano alla pari per retrocedere».

Un quadretto sconsolante.

«Da noi la palla non gira velocemente, saltella, non scorre in modo fluido. E non farmi parlare degli arbitri».

Parliamone invece.

«Sono tutta un’interruzione. Fermano il gioco ad ogni secondo, i contrasti per loro sono sempre punibili e puniti e così le nostre squadre non imparano a tenere alto il ritmo. Siamo rimasti indietro, in tutti i sensi, il problema principale però è che quelli bravi non vengono più in Italia, così manca il confronto con i migliori. Io non imparo nulla se quello che dovrebbe aiutarmi a crescere è del mio stesso livello, ha le mie stesse conoscenze, esperienze identiche».

Tutta l'intervista esclusiva sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio


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