Lo chiamano Zlatan, è Castagna il condottiero del Viaggio degli Eroi

Oggi 11 luglio 1982, 40 anni dopo la vittoria del Mondiale di Spagna, in prima serata su Rai Uno va in onda il docufilm su quella Nazionale indimenticabile, con la voce narrante di Marco Giallini. Il regista e sceneggiatore Manlio Castagna ci racconta il viaggio di quegli eroi dell'82 e anche il suo. "Io avevo solo otto anni, ma mi commuovo ancora. L'Italia in crisi ha bisogno di eroi e miti. I miei? Zico, Conti e Ibrahimovic, personaggio scomodo e cattivo. Raccontare è la mia passione, e va bene qualsiasi mezzo. Alla letteratura per ragazzi ci sono finito per caso. La trilogia "Pedra Demone" è stato un best seller. Il mio è un fantasy bizzarro tra Kafka e Buzzati. Nei miei romanzi sono tutte eroine i maschi mi annoiano"
Valeria Ancione
8 min

di Valeria Ancione

Porta i capelli alla Ibra, e Zlatan lo chiamano quando scende in campo con gli amici. "Prima stavo in attacco, ora con l’età mi metto dietro". E’ vero, si è messo dietro... alla telecamera però. Voleva fare l’attaccante e invece fa il regista, ma anche lo scrittore e lo sceneggiatore. Manlio Castagna, uomo di fantastica curiosità e fine “cuntastorie", firma il docufilm “Il viaggio degli Eroi”, come regista e co-sceneggiatore (assieme a Manuela Cacciamani) mentre corre da una parte all'altra dell'Italia portando in giro i suoi romanzi fantasy, incontrando ragazzi che sono linfa preziosissima. Un moto perpetuo Manlio, affabulatore umile e onesto. Lui è tutto fuorché "cattivo", anche se porta i capelli alla Ibra, ha 48 anni e sembra un "pischello" come si dice a Roma. Ed è questa giovinezza che si porta dentro che gli permette di trasformare mondi bui in fantastici per poi donarli ai lettori. 

Stasera da non perdere c'è questo suo racconto in film a quarant’anni dalla vittoria del Mondiale di Spagna, un'avventura naturalmente fantastica, proprio perché iniziata malissimo. La pellicola di Castagna ripercorre, con la voce narrante di Marco Giallini, il “viaggio” meraviglioso degli azzurri dell'82 e di un’Italia ingrigita dal piombo di quegli anni, violentata da attentati e stragi e rapimenti, ma alla ricerca di rilancio e normalità. Una boccata d'ossigeno fu quella vittoria. Il film, uscito in tre giornate speciali al cinema lo scorso giugno, va in onda in prima serata su Rai Uno proprio oggi, nel giorno di una vittoria indimenticabile. 11 luglio 1982: il giorno dei “campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo” di Nando Martellini.

Castagna, come ci è finito in questo “Viaggio”?

"Durante il primo lockdown, Manuela Cacciamani mi ha chiamato proponendomi di raccontare una storia simbolica, perché in un momento particolare di angoscia e depressione si ha bisogno di eroi e miti".

L’uscita era pensata per il 40º anniversario dei Mondiali del 1982?

"No, non c’era l’idea di farlo uscire per la celebrazione. Ma la lavorazione è stata complessa ed è passato tutto questo tempo".

Perché?

"Sono stati due anni complicati, dove era tutto vietato, era difficile anche intervistare i calciatori. C’erano le restrizioni, i divieti di spostamento, le zone rosse. E poi il lavoro d’archivio era tantissimo".

Senza le critiche e gli attacchi della stampa, gli azzurri avrebbero vinto quel Mondiale?

"Ogni viaggio di eroi ha le sue polemiche. Anche Harry Potter... I personaggi hanno un antieroe interno, la fiducia in se stessi per esempio, e uno esterno, l’ambiente. Della Nazionale dell’82 l'antieroe non era solo la stampa, ma un Paese che non si fidava, che poco la amava. I giornalisti facevano il loro mestiere, secondo me. La squadra appariva scarsa, che dovevano fare? Raccontavano quello che vedevano. Allora si poteva scrivere, si attaccava. Oggi c’è una sorta di autocensura, mentre negli anni Ottanta si andava giù duro. Si potevano fare cose scomode. Per esempio, ho trovato un’intervista in cui Viola chiede a Graziani: «Ci sono omosessuali tra di voi?» Avrei voluto metterla, ma non era il contesto giusto. Potremmo immaginare oggi una domanda così diretta e improvvisa? Non credo. Comunque non mi interessava fare della polemica tra stampa e squadra la protagonista, ma impossibile anche evitarla".

Biscardi però...

"Secondo me lui era un grande comico, un minuto prima dice che la squadra fa schifo, un minuto dopo no, messo così ha proprio un effetto comico".

Cosa è successo con Tardelli? Alla fine risulta una grande mancanza.

"Con Tardelli nessun problema. Lui voleva raccontare un altro tipo di storia, lo sapevamo. Manca? Ne mancano tanti... Manca soprattutto Scirea, un errore grave. L’ho raccontato poco, ma non c’era il materiale adatto".

Non siamo mai stufi di quel Mondiale?

"L’accoglienza è stata positiva, uscire in 198 sale è stato un successo. E ora in prima serata Rai... Io avevo otto anni, ricordo tutto e mi emoziono. Se ne parla sempre e ci si commuove ancora perché non abbiamo una narrazione contemporanea, ma quella del passato".

Lei è tifoso?

"Sono stato molto tifoso e giocavo anche a calcio. Ora tutto molto meno, per ragioni di vita. Tifo Roma per Falcao. Quando ha segnato in Italia-Brasile 3-2 mi sono sentito tradito".

E’ un appassionato di sport?

"Lo sport lo amo tutto, ma ormai lo seguo poco, per mancanza di tempo. Ho abbandonato anche la Nba, per cui stavo sveglio di notte".

Ora c’è l’Europeo femminile di calcio, lo seguirà?

"Confesso, non lo sapevo. E invece dovremmo guardare di più all’universo femminile. Nei miei libri ci sono solo eroine, i maschi mi annoiano".

Regista o scrittore, cosa le appartiene di più?

"Io ho voglia di raccontare, quindi un mezzo vale l’altro. Ho iniziato col cinema, con fratelli e amici. Quando stavo per laurearmi ho fatto un cortometraggio con Haber che ha avuto un grande successo. Ho lavorato al Film Festival di Giffoni per 22 anni, ho fatto videoclip. Poi per caso ho scelto la letteratura per ragazzi. La triologia “Pedrademone” è stato un best seller. Eppure non sono fan del fantasy. Il mio è un fantasy bizzarro tra Kafka e Buzzati. Ci sono storie che per essere raccontate sconfinano nell’immaginazione. L’ultimo libro “Draconis chronicon” è un fantasy storico, ambientato nel Medioevo meridionale. Ci ho messo i draghi... non solo i grandi scrittori anglosassoni possono raccontarli".

Fantasia e storia, bella coppia.

"Amo la storia e la ricerca storica, “Malombre” per esempio è ambientato nella Seconda Guerra mondiale, il fantasy credo che sia un modo diverso per raccontare la storia ai ragazzi. A ottobre esce “La reincarnazione delle sorelle Klun”, sempre Mondadori: una saga familiare esoterica, tre storie che si intrecciano nell’Italia degli ultimi sessant’anni, tre generi diversi il poliziesco, il thriller e il romanzo di formazione".

Quelli dell’82 a parte, chi sono i suoi eroi?

"Zico, il più grande, forse perché per avere la sua figurina ho venduto di tutto. E poi Bruno Conti. Ora il mio mito è Ibrahimovic, perché è un condottiero, un personaggio scorretto, un cattivo. Porto i capelli come lui, mi chiamano Zlatan quando gioco a calcio, ma ormai succede troppo poco".

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