Zaniolo e il retroscena sulla rottura con la Roma: ecco cosa non perdona al club

Quest’anno 2 gol e poche giocate: cosa è cambiato nel rapporto tra il calciatore e la società
Zaniolo e il retroscena sulla rottura con la Roma: ecco cosa non perdona al club© BARTOLETTI
4 min
Chiara Zucchelli
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ROMA - Oltre il contratto c’è di più. Nicolò Zaniolo andrà via non solo perché la Roma, prima con Fienga e Petrachi e adesso con Tiago Pinto, non gli ha rinnovato, e non gli rinnova, il contratto. I dirigenti non volevano, e non vogliono, dare al ragazzo uno stipendio superiore ai 4 milioni quando il campo dice altro. E chi gestisce il giocatore sa benissimo che le radici del malessere di Nicolò sono più profonde. Lo sanno anche i tifosi, che hanno amato questo calciatore, tanto bravo quanto sfortunato, fin dal primo giorno. Ma adesso sono stanchi.

Mille giorni di Nico e la Roma

Perché lo strappo di ieri arriva al culmine di tre anni - tanti ne sono passati dal primo infortunio al crociato del 12 gennaio 2020 - in cui Nicolò è sempre stato supportato. E anche sopportato quando, con il ritorno in campo che sembrava un miraggio, faceva parlare di sé solo per le vicissitudini extra-calcio. Che, va ricordato, nascevano tutte dai suoi profili social in cui raccontava ogni cosa. Adesso su Instagram riga dritto come un soldatino, anche se ieri ha disattivato i commenti per i troppi commenti negativi, ma il malessere si è spostato. Dai social alla vita vera. Quella stessa vita che, in questi tre anni, gli ha regalato un figlio, Tommaso, nato a luglio del 2021: la gravidanza non è stata facile, Nicolò si è lasciato con la fidanzata Sara e ha ammesso che all’inizio il bambino non era nei piani: «Ma mi assumerò le mie responsabilità di padre». Lo ha detto, lo ha fatto. E ieri, nel pomeriggio più difficile degli ultimi mesi, Tommaso era con lui. A tirargli su un morale che è a terra. Perché Zaniolo sapeva perfettamente che la scelta di tirarsi fuori dai convocati per la partita contro lo Spezia avrebbe scatenato una bufera. Ma ha scelto comunque di forzare la mano. Come già (in parte) accaduto contro la Fiorentina quando era rimasto a casa dopo non essersi allenato a Trigoria per una febbre. In quel momento sia sua mamma sia sua sorella avevano pubblicato delle storie Instagram di supporto, come poi ha fatto qualche giorno dopo il suo migliore amico: strano, per una banale influenza. Evidentemente c’era altro. C’è sempre stato altro.

Il suo malessere

In questi anni c’è stato un ragazzo che si è operato due volte alle ginocchia, ha avuto in due occasioni il Covid, si è sentito bacchettato da allenatori, dirigenti e bandiere e non si è mai sentito un top player. Non per se stesso, ma per gli altri. La società che, mediaticamente, secondo lui puntava su altri giocatori, anche se poi in realtà gli venivano sempre organizzate interviste anche con testate internazionali. E poi il ruolo in campo mai così chiaro, la scelta di non essere considerato il leader della squadra dopo il gol di Tirana, gli scatti nervosi, le parole di Pinto che lo avevano gelato: «Non posso garantire che Zaniolo resterà». Poco importa che fossero frasi di facciata, le classiche da mercato: Nicolò voleva che la Roma lo blindasse. E la Roma non lo ha blindato.

Roma, Zaniolo regolarmente in campo. Mourinho sorride con Matic
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Roma, Zaniolo regolarmente in campo. Mourinho sorride con Matic

I numeri

Anche perché i numeri non lo hanno aiutato: nella passata stagione 8 gol e 9 assist in 42 presenze. Solo due reti in Serie A e qualche panchina poco gradita. Quella nel derby di marzo, vinto, su tutte. Quest’anno la situazione non è cambiata: solamente due gol tra campionato ed Europa League. Tanto nervosismo (non segna in casa in campionato dal 2019) e poche giocate da top player. Zaniolo è il giocatore della Roma che tenta più volte il dribbling, ma la percentuale è tra le più basse della rosa (23.7 %). Il dato che tende ad aumentare è quello dei cartellini gialli e rossi e anche se tutti a Trigoria, a partire da Mourinho, pensano che gli arbitri dovrebbero tutelarlo di più, lui a volte è apparso troppo nervoso. Non a caso il club aveva pensato di mettergli accanto un mental coach: proposta rispedita al mittente. Come le sue di un contratto da top player, la cartina di tornasole buona a coprire tutto quello che, in questi 1.104 giorni, lo ha davvero allontanato dalla Roma.


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