Calciatori e scommesse, non solo ludopatia: il 60% è indigente post carriera

La cultura e la formazione hanno un certo peso nell’evitare di percorrere certi sentieri
Giorgio Marota
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Il gioco illegale nel nostro Paese ha un volume di affari di circa 25 miliardi, dei quali 18,5 finiscono sui siti che si occupano di scommesse illegali con mancati introiti per l’erario pari a 1 miliardo. Ma per rispondere alla domanda regina di questi giorni turbolenti - perché un atleta di successo ha bisogno di scommettere per fare altri soldi? - forse bisogna cercare alcune motivazioni ben oltre il confine del gioco e della ludopatia. Il tema è di forte attualità e riguarda il modo in cui calciatori di alto livello, capaci di accumulare ingenti ricchezze in pochi anni di carriera, gestiscono i patrimoni di cui dispongono nel medio-lungo periodo. Secondo uno studio dell’Università Luiss, presentato durante convegno “il giurista entra in campo” organizzato dell’ex difensore della Lazio Guglielmo Stendardo, il 60% dei calciatori dopo 5 anni nel post carriera vive in uno stato di indigenza.

Cultura e formazione hanno un peso

Le ragioni? Molteplici: investimenti sbagliati, tenori di vita che continuano a essere troppo alti anche quando non vengono supportati dallo stesso stipendio, scarsa educazione finanziaria e, alla luce di quanto avvenuto in questi giorni, aggiungeremmo all’elenco il vizio delle scommesse e la ludopatia. La cultura e la formazione hanno un certo peso nell’evitare di percorrere certi sentieri. Ma in Italia il 70% dei “calciatori pro” possiede la licenza media, circa il 26,2% il diploma e appena il 4,8% la laurea. Quello che succede in Serie A, certamente, fa più rumore, eppure del variegato mondo dei professionisti fanno parte pure gli atleti di Serie B e Serie C; includendo tutte e tre le categorie, si stima come il 55% dei calciatori guadagni meno di 50 mila euro annui. Quella maggioranza silenziosa continua a essere la più esposta al gioco d’azzardo e ai suoi “facili” guadagni.


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