Zenga: "Donnarumma resta un top ma ora ci sono tanti talenti"

«Vicario, Meret e Provedel gli altri nomi. Io andrei a cercare il futuro anche in Serie D»
Zenga: "Donnarumma resta un top ma ora ci sono tanti talenti"© LAPRESSE
Fabrizio Patania
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Walter Zenga, cosa pensa dell’involuzione di Donnarumma?
«Nell’ultimo periodo ha avuto la sfortuna di imbattersi in due o tre situazioni negative, non mi sembra sia al massimo della forma, ma credo si tratti di un ragazzo capace di catalogare gli errori e metterli da parte».

Non è strano sbagliare così tanto?
«Non so chi sia il preparatore dei portieri del Psg, in estate hanno perso Spinelli, preso dall’Inter. I sistemi possono cambiare. Noi abbiamo tre portieri italiani all’estero. Vicario in Premier e Brignoli in Grecia con il Panathinaikos stanno facendo bene e hanno preparatori stranieri. La mia è solo una supposizione. Da tecnico devo guardare l’aspetto degli allenamenti. Poi bisogna saper gestire i momenti. Vedo finire nella centrifuga i portieri per qualsiasi motivo. Mi sorprendono le critiche ricevute da Meret dopo la partita con l’Inter. Ho letto tanti 5 in pagella, per cosa?».

Forse per il terzo gol.
«Mah... Ho visto un’uscita su Lautaro con la faccia e le mani avanti che pochi portieri sanno fare».

Torniamo a Gigio. Ora per un portiere conta saper giocare la palla con i piedi e lui non eccelle nella specialità. «Va bene, ma non possiamo pretendere sia da 10 per ogni caratteristica. Se hai delle difficoltà o ti pressano, giochi l’appoggio facile o calci la palla lunga. Non è difficile e lo sa fare. Per un portiere, che si parli di Serie B o di Nazionale, vale un solo ragionamento: farsi scivolare l’errore, serve la personalità per andare oltre la prestazione negativa, o anche positiva, lavorando. Se poi Luis Enrique dimostra o non manifesta fiducia nei suoi confronti, non lo so e non mi posso esprimere».

Donnarumma è ancora il portiere italiano più forte? Non rischiamo di restare legati al suo nome a fronte di un rendimento inferiore a quanto dovrebbe garantire?
«Ha quasi 25 anni e 60 presenze in Nazionale, lo so perché mi ha appena superato. Con Milan e Psg, comprese le coppe, siamo a circa 340. In dodici anni di Inter io ne ho totalizzate 473. Era un altro calcio, ma non mi sembra poco per la sua età, ha già accumulato un’esperienza formidabile. Tutti ora parlano di Vicario, lo reputo uno dei miei figli e lo considero un grandissimo portiere, l’ho fatto diventare titolare a Venezia, ha due anni di più e non ha ancora giocato in Europa, ma ha iniziato da poco in Premier, un campionato tosto. Donnarumma è abituato alle pressioni, sa superarle. Ha i controcoglioni, se mi passate il termine. A San Siro è stato sommerso dai fischi e non ha reagito. Poi cosa succederà da qui a giugno non lo so. Abbiamo tanti bravi portieri. Penso a Provedel, che sa anche segnare, a Di Gregorio, a Falcone, a Turati, a Caprile. Direi anche Perin e Carnesecchi, ma non stanno giocando».

Non mancano le alternative.
«Spalletti, dove pesca, tira su bene. La preoccupazione nasce dal fatto che in B i giovani di prospettiva sono tre o quattro. Dico Gagno, Fulignati, Pizzignacco. Desplanches fa panchina a Palermo. Sui miei profili social pubblico ogni settimana le dieci migliori parate della Serie D. I talenti esistono, basta andarli a cercare. Quel campionato va studiato: Boloca e Messias, che vidi arrivare al Crotone, giocavano in D».

Spalletti invita Donnarumma ad allenare il suo talento. È un top, ha spiegato, ma può diventare toppissimo. «Penso a Buffon, eletto cinque volte miglior portiere del mondo, sono passati 14 anni tra la prima e l’ultima volta. Avrà avuto voglia di allenarsi, continuare a migliorare e limare i difetti o no? Penso di sì, ecco il segreto per ottenere risultati».

Giusto puntarci per l’Europeo 2024?
«Siamo a dicembre, la nazionale si ritroverà a marzo, lo staff e Spalletti avranno tempo per valutare ogni aspetto e arrivare all’Europeo con le idee chiare. Oggi non vedo un cambio. Mi sembra che Donnarumma in Nazionale, se guardiamo le prestazioni, abbia fatto il suo. Ha commesso qualche errore nel club. Le valutazioni a giugno toccheranno a Luciano».

Parliamo di Vicario.
«Vive per il calcio, a Venezia lavorava per migliorarsi. La mentalità lo ha portato verso i grandi palcoscenici, lo vedo così anche oggi nelle interviste, nei messaggi che mi scrive. Stessa attenzione di allora. La Premier non lo ha cambiato. Continuerà a crescere, farà esperienza».

Di Meret e Provedel cosa dice?
«Hanno gi à giocato in Champions, non è un aspetto da sottovalutare. Qualsiasi cosa dovesse capitare, l’uno o l’altro non cambia. Del portiere del Napoli mi piace il modo di essere glaciale, distaccato. Non significa mancanza di personalità. Provedel si è rivelato un po’ come Thuram all’Inter che pensava di aver preso la riserva di Lukaku... Ivan era arrivato per fare il secondo e invece ha dimostrato quanto vale. Lo conosco dai tempi di Empoli, è migliorato anno dopo anno. I tre o quattro portieri della Nazionale sono questi, non penso ci possano essere cambiamenti».

Di Gregorio è in testa alle statistiche della Serie A.
«È più istintivo, esplosivo, come ha dimostrato parando la seconda volta dopo il rigore sbagliato da Vlahovic. Falcone è impostato, fa parate che sembrano facili ma non lo sono».

Il dibattito sulla convenienza della costruzione dal basso non si è mai esaurito. Zenga di che partito è? «Rispondo da allenatore. Alla Samp avevo Viviano, che usa il sinistro come un centrocampista. Ho avuto altri portieri che non erano bravissimi con i piedi. Il fine è il risultato e ci sono tanti modi per ottenerlo. Ogni allenatore deve avere la capacità di sfruttare i giocatori e metterli nelle condizioni migliori. E gioco cosa significa? L’Inter, rispetto all’anno scorso, ha stravolto la spina dorsale cambiando il portiere, il difensore centrale, il regista e il centravanti. Non ci sono più Onana, Skriniar, Brozovic e Lukaku. A Napoli ha vinto con Carlos Augusto e Darmian nella difesa a tre. È la bravura dell’allenatore. Leggevo, pochi giorni fa, un’intervista di Ancelotti e diceva: “Se davanti ho giocatori in grado di inventare, perché li dovrei ingabbiare”».

Dunque Luis Enrique non dovrebbe smettere di costruire dal basso se il portiere è Gigio?
«Luis Enrique giustamente segue il suo credo, se ne sbatte se uno può avere più o meno i piedi buoni, applica i suoi principi. Poi ci sono gli allenamenti e le interpretazioni sul campo. Come dicevo, se sei in difficoltà spari via il pallone».

Da portiere risponderebbe nello stesso modo?
«Nell’ultima stagione all’Inter sono passato attraverso il cambio della regola. Non si poteva più prendere la palla con le mani sul retropassaggio. Prima partita a Livorno, me la ricordo come fosse oggi. Ho fatto il figo e ho provato a dribblare, un attaccante di nome Bagnoli mi tolse il pallone e segnò a porta vuota... Sul secondo passaggio all’indietro, tirai una roncolata dall’altra parte del campo... Oggi l’allenamento di un portiere va anche in questa direzione. Non si diventa Modric, ma qualcosa di meglio si può combinare».


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