Perinetti esclusivo: “Riformare con equilibrio”

Il veterano dei dirigenti italiani parla del futuro del nostro movimento e del suo Avellino in lotta per la B
Perinetti esclusivo: “Riformare con equilibrio”© LaPresse

Direttore Giorgio Perinetti come l’ha trovata la Serie C a distanza di anni?
«Un livello tecnico più alto anche perché i calciatori esclusi dalla Serie A piena di stranieri si ricollocano inevitabilmente in B e C. I molti campi sintetici, poi, favoriscono l’intensità del gioco che è cambiato notevolmente rispetto a pochi anni fa».

Lei ha vinto la C rilanciando Pippo Inzaghi a Venezia. Prima aveva favorito l’ascesa di Antonio Conte a Bari e a Siena in B, ma la terza serie si è complicata. Cosa pensa dell’attuale format?
«Un rompicapo. I playoff allargati alimentano molte illusioni. I club tendono a rafforzarsi anche se c’è un posto su 28… alla fine. Ma sono state eliminate quelle pericolose zone cuscinetto che rischiano di minare la regolarità dei campionati quando un obiettivo non è più contendibile».

Il tecnico Pazienza ha risollevato l’Avellino e mostrato carattere in una piazza non semplice. È pronto per il salto di categoria con la regia di Perinetti?
«Pazienza ha qualità importanti ed è capace anche della crescita individuale dei calciatori. Deve smussare qualche spigolosità caratteriale ma ha un futuro, secondo me, di spessore».

L’Avellino dove può arrivare?
«È attrezzato per competere per la promozione, ma il girone C è infernale. Bisognerà misurarsi con carattere fino all’ultimo».

E’ vero che aveva chiuso col Benevento e s’era scelto l’albergo nel Sannio in estate?
«Ho incontrato i dirigenti di Benevento e Avellino nella stessa settimana. Ero convinto di essermi vincolato alla Strega, invece ho trovato la sistemazione in Irpinia. Per me ideale».

Lei, direttore Perinetti, ha attraversato momenti durissimi dal punto di vista umano, prima a causa della precoce scomparsa della signora Daniela, sua moglie, e poi, recentemente, della sua amatissima figlia Manuela. Il calcio è una terapia anche di fronte a lutti insopportabili?
«Il calcio mi ha permesso di superare crisi adolescenziali e mi ha dato la vita che sognavo. I lutti atroci che mi hanno colpito sono affrontabili con forza d’animo e con la distrazione di un lavoro che ti spinge sempre a competere per sopravvivere».


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In provincia si tocca con mano l’empatia della gente?
«Si vivono diversamente le tensioni e si ha più tempo per riflettere».

Riforme ineludibili, sovrastato com’è il nostro movimento da debiti e incapace di rigenerarsi, e addirittura per due volte senza Mondiali. Cosa fare?
«Le riforme sono improcrastinabili. Ma occorre avere visione di sistema. Le Assemblee ridotte a rissose riunioni condominiali nuocciono a tutti».

ll presidente Gravina ha avanzato una proposta di riformulazione dei campionati, dicendosi pronto a imporre l’obbligo d’intesa. E’ la giusta direzione?
«Credo che il numero di squadre vada inevitabilmente ridotto per garantire sostenibilità. Ma non così drasticamente. Il nostro è pur sempre il calcio del campanile che adoriamo e va salvaguardato assolutamente».

Cosa pensa dei nuovi format che penalizzerebbero la C che da 60 squadre passerebbe a un girone unico ridotto a un terzo col semiprofessionismo?
«Una riduzione poco conciliabile con l’attuale realtà. Non basterà il semiprofessionismo a compensarla».

Però è evidente che 100 club prof il sistema non li regge, non c’è la forza economica per sostenerli anche con una nuova ripartizione delle risorse dei diritti tv che i grandi club, peraltro, non hanno nessuna intenzione di avallare. O no?
«Il problema delle risorse è fondamentale. Ma anche l’utilizzo che se ne fa diventa dirimente. Altrimenti non basteranno mai, anche se dovessimo ridurre di molto le società professionistiche».

E la Lega di B del presidente Balata si lamenta per il turnover che ogni anno deve subire. Cosa ne pensa?
«Un altro problema da affrontare. Tutto deve tenersi insieme».

Le nuove tecnologie, e in particolare l’utilizzo del VAR, hanno accresciuto le polemiche. Il presidente della Salernitana si è spinto a chiedere arbitri fuori dall’ordinamento federale. È la soluzione?
«Abbiamo sempre avuto arbitri bravissimi ma molto protagonisti in campo. E’ abbastanza evidente come il VAR sottragga loro qualcosa anche se ormai è imprescindibile. La proposta del presidente Danilo Iervolino non è nuova e meriterebbe quanto meno un approfondimento se non proprio una sperimentazione. Quello che si deve migliorare è l’attenzione al rispetto del gioco. Nell’ultima partita dell’Avellino il mio giocatore Sgarbi ha subito 15 falli senza che ciò abbia portato una pur minima sanzione. Il calcio va protetto».


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Lei ha lavorato in tanti club italiani con grandi dirigenti e presidenti mitici o complicati. Investire sui giovani è sempre la chiave di volta per rilanciare il nostro calcio?
«Lo scouting è un modo di dire. Scegliere i calciatori funzionali al progetto deve prevedere visioni dirette mentre l’algoritmo deve essere inteso come supporto e non come soluzione. Cito Sartori e Marchetti come simboli del mio pensiero. I giovani devono avere la massima attenzione per un rilancio del nostro movimento. Ma va riconsiderato il concetto di formazione di base. Il talento va esaltato per ridare gioia al gioco del calcio. L’appiattimento annoia i ragazzini e non aiuta i tecnici delle prime squadre che vedono arrivare giocatori fotocopia annichiliti dalla tattica».

Si aspettava la crisi del Napoli dopo lo scudetto e come valuta l’esonero di Mourinho?
«La vittoria dello scudetto ha finalmente dato gioia ai napoletani ma ha diviso dirigenza, calciatori e staff tecnico sui meriti effettivi di tale successo. Tuttavia, confermarsi è sempre più difficile che vincere. Non conosco le reali intenzioni dei Friedkin sulla panchina della Roma. Considerare De Rossi come traghettatore può risultare di difficile gestione. Pensavo che Mourinho avesse potuto terminare la stagione. Evidentemente s’è rotto qualcosa».

La Juventus che deve puntare sui giovani e senza più top player è un segno dei tempi?
«La fine di un ciclo e il tentativo di rifondare tutto dal basso con intelligenza».

L’Inter di Simone Inzaghi è la più forte?
«Certo. I diversi impegni rispetto alla Juve devono però essere gestiti con accortezza. Lotta scudetto destinata a rimanere aperta».

Sono sempre di più le proprietà straniere e i fondi nel nostro calcio, non ci sono più i presidenti padri-padroni di una volta. Non è un rischio perdere la propria identità, con un calcio che si scolla dai territori e sempre più fatto solo di soldi con scarsi ricavi e sempre più debiti?
«Un mutamento epocale. Il proliferare delle proprietà straniere può portare a una nuova maggioranza in Lega dove si può pensare a una diversa interpretazione del nostro modo di vivere il calcio con più spettacolarizzazione. Non credo lo ameremmo, ma il rischio esiste».

L’impresa più bella che ha compiuto da dirigente Perinetti e di cui è orgoglioso?
«Per indole e temperamento ritengo sempre possa essere la prossima l’impresa più esaltante. Spero di viverne altre e in tempi necessariamente brevi data l’ età ormai consistente… ».

Oggi 73 anni, auguri e lunga vita, direttore Perinetti. E in bocca al lupo!


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Direttore Giorgio Perinetti come l’ha trovata la Serie C a distanza di anni?
«Un livello tecnico più alto anche perché i calciatori esclusi dalla Serie A piena di stranieri si ricollocano inevitabilmente in B e C. I molti campi sintetici, poi, favoriscono l’intensità del gioco che è cambiato notevolmente rispetto a pochi anni fa».

Lei ha vinto la C rilanciando Pippo Inzaghi a Venezia. Prima aveva favorito l’ascesa di Antonio Conte a Bari e a Siena in B, ma la terza serie si è complicata. Cosa pensa dell’attuale format?
«Un rompicapo. I playoff allargati alimentano molte illusioni. I club tendono a rafforzarsi anche se c’è un posto su 28… alla fine. Ma sono state eliminate quelle pericolose zone cuscinetto che rischiano di minare la regolarità dei campionati quando un obiettivo non è più contendibile».

Il tecnico Pazienza ha risollevato l’Avellino e mostrato carattere in una piazza non semplice. È pronto per il salto di categoria con la regia di Perinetti?
«Pazienza ha qualità importanti ed è capace anche della crescita individuale dei calciatori. Deve smussare qualche spigolosità caratteriale ma ha un futuro, secondo me, di spessore».

L’Avellino dove può arrivare?
«È attrezzato per competere per la promozione, ma il girone C è infernale. Bisognerà misurarsi con carattere fino all’ultimo».

E’ vero che aveva chiuso col Benevento e s’era scelto l’albergo nel Sannio in estate?
«Ho incontrato i dirigenti di Benevento e Avellino nella stessa settimana. Ero convinto di essermi vincolato alla Strega, invece ho trovato la sistemazione in Irpinia. Per me ideale».

Lei, direttore Perinetti, ha attraversato momenti durissimi dal punto di vista umano, prima a causa della precoce scomparsa della signora Daniela, sua moglie, e poi, recentemente, della sua amatissima figlia Manuela. Il calcio è una terapia anche di fronte a lutti insopportabili?
«Il calcio mi ha permesso di superare crisi adolescenziali e mi ha dato la vita che sognavo. I lutti atroci che mi hanno colpito sono affrontabili con forza d’animo e con la distrazione di un lavoro che ti spinge sempre a competere per sopravvivere».


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