Juve, bilancio in rosso. Migliorano i conti dell’Inter

Sul pesante segno meno incide solo in parte l’assenza dall’Europa: molto lo fa un’impalcatura sproporzionata dei costi. Oaktree ha preso un’altra strada aumentando i ricavi
Juve, bilancio in rosso. Migliorano i conti dell’Inter© LAPRESSE
Alessandro F. Giudice

La maxi perdita della Juve nel 2023-24, preannunciata nella semestrale di Exor, confermati un equilibrio economico perduto da tempo e mai più recuperato. Se i dati preliminari diventeranno definitivi, il patrimonio netto tornerebbe negativo e sarebbe così bruciato anche il terzo aumento di capitale degli ultimi cinque anni, completato meno di sei mesi fa. Agli 800 milioni di capitale consumati (da 900 di perdite) si aggiungerà l’ennesimo apporto patrimoniale che gli azionisti saranno chiamati a sottoscrivere. Sull’andamento negativo dell’esercizio pesa certamente l’esclusione dalle coppe ma si tratta di una settantina, forse ottantina, di milioni che non bastano a spiegare un risultato così negativo. La zavorra della Juve risiede in un’impalcatura di costi sproporzionata, eretta negli anni in cui il management e la proprietà avevano smarrito ogni senso del valore. Ingaggi folli come quello di Vlahovic, ancora a bilancio, ne sono l’esempio più rimarchevole: basti pensare che la Juve cerca di venderlo da due anni ma lo stipendio dissuade qualsiasi estimatore. Senza contare il costo di acquisizione: oltre 90 milioni tra cartellino e commissioni agli agenti, che la Juve non avrebbe dovuto sostenere perché incompatibile (già allora) con il suo conto economico. 

Ricavi e costi

Dalle informazioni preliminari diffuse da Exor, si desume che i ricavi sono scesi a circa 420 milioni (-88 rispetto all’anno precedente) ma i costi si sono dimostrati renitenti alla riduzione. Sei mesi fa il nuovo management aveva elaborato un piano che prevedeva il ritorno al pareggio nel 2025-2026: obiettivo ora decisamente lontano, anche perché nel frattempo il mercato estivo ha imboccato una strada assai diversa. Un mercato dispendioso, in cui sono state operate riduzioni di stipendio a fronte però di nuovi carichi di ammortamenti: ad esempio, Douglas Luiz peserà 10 milioni per i prossimi cinque anni, Koopmeiners 12. Intanto manca ancora il main sponsor e dall’Uefa arriveranno sanzioni economiche per il mancato rispetto del settlement agreement. Il messaggio è che in Italia si può beatamente competere con livelli di costi enormemente superiore ai concorrenti, nell’assenza di regole che vietino il ricorso sfrenato al capitale degli azionisti, a copertura di perdite: nella Premier, da molti tanto invocata, questo non succede.


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L’Inter contiene

Per una curiosa coincidenza temporale, anche l’Inter ha annunciato i risultati 2023/24, ancora in perdita ma in misura alquanto contenuta rispetto alle voragini degli anni precedenti. Segno che il percorso di riequilibrio dei conti sta lentamente procedendo. I 36 milioni di perdita equivalgono a un sostanziale pareggio operativo se si considera che lo stesso ordine di grandezza è rappresentato dagli interessi sul debito. Nel complesso, l’Inter non ha ridotto i costi ma ha realizzato un vistoso aumento di ricavi. Hanno però favorito il risultato componenti positive arrivate dal mercato come il quasi 50 della plusvalenza Onana, non sempre replicabili. Oaktree ha cominciato a ricapitalizzare l’Inter versando 44 milioni di cassa. I fondi non amano coprire perdite: se investono il denaro dei sottoscrittori, preferiscono farlo per acquisire asset, anziché per risanarli. Ma la partecipazione nell’Inter è arrivata senza essere pianificata e il fondo americano, chiamato al ballo senza preavviso, ora deve ballare. Si prevede che acceleri il processo di risanamento, affidandosi alla bravura del management per proseguire la cura senza perdere competitività sportiva: un crinale non semplice da percorrere. Il cammino si preannuncia alla Elliott. Più che alla Exor.


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La maxi perdita della Juve nel 2023-24, preannunciata nella semestrale di Exor, confermati un equilibrio economico perduto da tempo e mai più recuperato. Se i dati preliminari diventeranno definitivi, il patrimonio netto tornerebbe negativo e sarebbe così bruciato anche il terzo aumento di capitale degli ultimi cinque anni, completato meno di sei mesi fa. Agli 800 milioni di capitale consumati (da 900 di perdite) si aggiungerà l’ennesimo apporto patrimoniale che gli azionisti saranno chiamati a sottoscrivere. Sull’andamento negativo dell’esercizio pesa certamente l’esclusione dalle coppe ma si tratta di una settantina, forse ottantina, di milioni che non bastano a spiegare un risultato così negativo. La zavorra della Juve risiede in un’impalcatura di costi sproporzionata, eretta negli anni in cui il management e la proprietà avevano smarrito ogni senso del valore. Ingaggi folli come quello di Vlahovic, ancora a bilancio, ne sono l’esempio più rimarchevole: basti pensare che la Juve cerca di venderlo da due anni ma lo stipendio dissuade qualsiasi estimatore. Senza contare il costo di acquisizione: oltre 90 milioni tra cartellino e commissioni agli agenti, che la Juve non avrebbe dovuto sostenere perché incompatibile (già allora) con il suo conto economico. 

Ricavi e costi

Dalle informazioni preliminari diffuse da Exor, si desume che i ricavi sono scesi a circa 420 milioni (-88 rispetto all’anno precedente) ma i costi si sono dimostrati renitenti alla riduzione. Sei mesi fa il nuovo management aveva elaborato un piano che prevedeva il ritorno al pareggio nel 2025-2026: obiettivo ora decisamente lontano, anche perché nel frattempo il mercato estivo ha imboccato una strada assai diversa. Un mercato dispendioso, in cui sono state operate riduzioni di stipendio a fronte però di nuovi carichi di ammortamenti: ad esempio, Douglas Luiz peserà 10 milioni per i prossimi cinque anni, Koopmeiners 12. Intanto manca ancora il main sponsor e dall’Uefa arriveranno sanzioni economiche per il mancato rispetto del settlement agreement. Il messaggio è che in Italia si può beatamente competere con livelli di costi enormemente superiore ai concorrenti, nell’assenza di regole che vietino il ricorso sfrenato al capitale degli azionisti, a copertura di perdite: nella Premier, da molti tanto invocata, questo non succede.


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