© EPA Editto Fifa, per la Serie A è impossibile
E adesso cosa succede nei calendari domestici di calcio dopo l’editto della Fifa? Ha stabilito un paio di regolette che non sono passate sotto silenzio: 72 ore di distanza tra una partita e l’altra e minimo tre settimane di riposo per i calciatori al termine della stagione. Dagli uffici di Gianni Infantino sono convinti che sia questa la soluzione giusta per rispondere alle proteste sul numero esagerato di partite e sul tema delicato della salute dei calciatori. A dire il vero la Fifpro, il sindacato mondiale del calcio professionistico che riunisce calciatori, preparatori e allenatori, non l’ha presa bene. Anzi ha contestato platealmente la trovata della Fifa con una intervista rilasciata al Financial Times da Alex Phillips, segretario generale della Fifpro che ha provato a smentire la narrazione secondo cui il numero delle partite aumentate sarebbe «responsabilità dei calciatori che vogliono più soldi» e ha citato - con l’anonimato - il commento di un associato («mi riposerò solo quando mi farò male») per contrastare tale racconto.
L’aspetto più curioso di tutta la questione è che all’incontro per stabilire queste nuove linee guida organizzative, la Fifpro non ha partecipato e il vertice si è svolto con l’intervento al tavolo di tre sindacati, uno messicano, il secondo spagnolo e il terzo del Tagikistan. Ultima annotazione: alla medesima riunione non è intervenuta nemmeno l’associazione delle leghe europee che sono direttamente coinvolte per la ricaduta del primo comma, cioè quello riferito alle 72 ore di distanza tra una partita e l’altra. In passato, proprio su questo punto, tra allenatori, club e Lega Serie A non sono mancate le polemiche e le stoccate. Tra le tante fece discutere quella firmata da Josè Mourinho per gli impegni ravvicinati della Roma tra Europa League e campionato contro Andrea Butti, responsabile del settore con il quale aveva lavorato ai tempi dell’Inter. Di qui, per sapere della potenziale ricaduta sul campionato, il quesito rivolto ad Andrea Butti, l’uomo dei calendari per intenderci al volo. Si può applicare questo accordo al calcio italiano?
La risposta è secca: «Impossibile». E la spiegazione non è nemmeno complicata. Se si adottasse la distanza delle 72 ore tra una partita e l’altra, in occasione dell’incrocio in particolare tra torneo domestico e torneo europeo, salterebbero anche gli incastri previsti dai contratti televisivi. Esempio pratico: con la Fiorentina impegnata al giovedì sera in Conference League alle 21.05, bisognerebbe puntare sulla domenica sera (che è di solito riservato al match più attrattivo del turno) oppure spostarla al lunedì sera, giorno vietato nelle settimane in cui ci sono previsti i raduni delle nazionali. La conclusione, a questo punto, è una sola: la regola potrà valere per il prossimo Mondiale e non per i tornei domestici. Con una annotazione finale: il Mondiale 2026, dislocato in tre stati (Messico, Canada e Usa), sarà disputato lungo un arco di 37 giorni, una settimana in più rispetto alle edizioni precedenti (Russia 28 giorni, Qatar 32 giorni). A scapito di chi? Delle ferie dei calciatori e dei tornei nazionali che perderanno così un’altra settimana.
