© LAPRESSE Gioventù bruciata: il report annuale del calcio italiano
Dal report annuale del calcio italiano, ovvero dal vangelo secondo Gabriele (Gravina): abbiamo un milione e mezzo di tesserati, 900mila i giovani. Sono 600mila le partite disputate in un anno, una ogni 54 secondi. Un milione gli studenti che risultano praticanti.
Altri numeri in ordine sparso: 27 club su 99 hanno proprietà straniere; nel pianeta 710 milioni di appassionati seguono il nostro campionato; negli ultimi 17 anni le casse dello Stato si sono prese 20 miliardi di euro e il valore del calcio sul PIL è di 12,4 miliardi (in crescita).
Altre note (dolenti): l’età media degli impianti è 56 anni in Serie A e 74 in B. Terzo mondo. Sempre negli ultimi 17 anni A, B e C hanno bruciato 9,3 miliardi. L’80% dei bilanci delle squadre professionistiche si presenta in perdita. Olé.
Possibile che da 900mila giovani che giocano a calcio non riusciamo a ricavarne una quarantina da Nazionale? Eppure a livello giovanile non siamo affatto male. Dove finiscono i ragazzi che si fanno onore internazionalmente con le varie Under? Tre, quattro anni dopo non giocano in A, ma - attenzione - nemmeno all’estero. Non li considerano neanche loro.
Quanto ci rende felici il fatto di crescere i talenti degli altri Paesi che poi ci suonano come tamburi ai Mondiali e agli Europei, se e quando ci arriviamo?
Lo Stato assorbe risorse dal calcio ma se ne disinteressa: alcune regole, ad esempio, aspettano da un anno di essere approvate attraverso decreti attuativi.
Perché nessuno viene colto dal dubbio che qualcosa nel sistema sia sbagliato all’origine? Penso che nella testa di Gravina, all’ultimo mandato - più per volontà sua che di altri - ci sia l’intenzione di introdurre riforme sostanziali, efficaci, ancorché impopolari.
E sono convinto che, se dovessero essere ostacolate, sarebbe pronto a farsi da parte anche prima del Mondiale. Ma questo è solo un sospetto.
Nel nostro calcio si avverte da tempo una chiara assenza di competenza: la competenza professionale - secondo Courtois, che non è il portiere del Real - non è soltanto una condizione di prestigio, ma anche una questione di onestà.
