Bielsa spiega Conte

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Ivan Zazzaroni
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Stiamo per entrare nella prima delle diciotto settimane di vacanza dalla Nazionale, la cui conclusione sarà lo spareggio mondiale con l’Irlanda del Nord. Una lunga e sfiancante rincorsa durante la quale club, giocatori e allenatori saranno chiamati a dare un senso compiuto al loro lavoro. Ovvero risultati risultati risultati.

Non mi aspetto che da qui al 26 marzo possa apparire il Messi(a) del calcio italiano: i playoff li disputeremo con quelli che ne hanno presi sette dalla Norvegia (al massimo un paio di ingressi, in primis Tonali) suggerendo a Gigi Buffon la battuta delle «menti ottenebrate» che appartengono a chi aveva sottovalutato Nusa, Berg, Heggem e Bobb (Haaland è fuori concorso) o sopravvalutato i nostri. Io tra questi ultimi. Ma anche altri insospettabili, due anni fa. 

Mettiamo da parte la Nazionale e torniamo alle piccole, grandi miserie del campionato che peraltro ci emoziona maggiormente: a Udinese-Bologna, Fiorentina-Juve, una Fiorentina mai così disperata, Napoli-Atalanta con tanto di novità napoletana in panchina (ma dall’altra parte); e domani Verona-Parma, Cremonese-Roma, Lazio-Lecce e il derby dei nuovi proprietari di San Siro; infine Torino-Como e Sassuolo-Pisa, lunedì.

Nelle settimane che han preceduto gli impegni della Nazionale abbiamo assistito all’aggressione mediatica a Antonio Conte, una pratica non solo social, resa intollerabile dall’antipatia che tanti provano nei confronti del tecnico del Napoli che - per inciso - resta comunque il più stimato e inseguito da chi non l’ha o l’ha già avuto. 

A proposito di Antonio, sono rimasto colpito da un intervento di Marcelo Bielsa, una delle teste più raffinate del calcio mondiale, specialista della comunicazione “frontale”: dopo l’1-5 subìto dagli Stati Uniti ha risposto alla domanda di un giornalista facendo il ritratto di sé stesso, ma anche - indirettamente - quello di Conte. 

«Ecco perché appaio così poco» l’inizio del Loco. «Dico sempre che io sono tossico. Stare con me peggiora chi mi sta accanto. Ci sono persone tossiche che vedono solo i difetti, che sono esigenti, che non sono mai soddisfatte di niente, che vanno a mangiare fuori e hanno un giornale perché non vogliono integrarsi con tutti gli altri. Io sono così». 

«Lo considero un karma...» ha proseguito. «Sai su cosa si basa questo comportamento? Sulla paura. Non ti piace vincere. Hai più paura di perdere di quanto ti piaccia vincere. Chiedi a qualsiasi allenatore: l’ossessione risiede nella ricerca di risorse che ti allontanino dalla sconfitta e ti avvicinino alla vittoria. A parte i più irresponsabili, che meritano elogi, questo vale per tutti gli allenatori. Vorrei vivere l’esatto opposto di quello che vivo, come Menotti o Cruijff, grandi ‘irresponsabili’. Quei ragazzi meritano un applauso»

Quanti uomini conoscono davvero la differenza tra un’ossessione che si subisce e un destino che si sceglie?


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