L’ultima magia di Raul, campione anche in America© EPA

L’ultima magia di Raul, campione anche in America

L’attaccante si ritira dopo aver vinto il campionato con i NY Cosmos. Una carriera tra il tesserino falso, un gol sbagliato all’esordio e il padre tifoso dell’Atletico
Francesco Guerrieri
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NEW YORK (USA) - Sarebbe dovuto arrivare prima o poi. Il più tardi possibile - era la speranza di tutti. E invece eccolo quel giorno: a 38 anni Raul Gonzalez Blanco chiude il sipario e si ritira. L'ultimo atto su un palco in cui è stato il protagonista numero uno per più di vent’anni. Poteva lasciare senza un trofeo? Neanche per sogno, e così ecco la vittoria del campionato Nord americano con i New York Cosmos. A regalargli l’ultimo sorriso, l’ex Livorno Cellerino con una tripletta. Partono i festeggiamenti, lo spagnolo lanciato in aria dai compagni insieme a Marcos Senna, anche lui alla sua ultima partita.

(ROJI)BLANCO - Flashback di 21 anni che parte da lontano. San Cristobal de los Angeles, barrio de Villaverde, quartiere della periferia sud di Madrid. C'è un ragazzino di 10 anni che con il pallone fa quello che vuole. Troppo piccolo per giocare però, cosa fare allora? Tesserino falso, nome cambiato in “Dani”, aumentata l’età ed il gioco è fatto. Gol su gol, giocate che lasciavano tutti a bocca aperta. Così il padre Pedro, elettricista e grande tifoso dell'Atletico Madrid, lo fa entrare nelle giovanili dei colchoneros. Qui il piccolo fenomeno inizia a far intravedere i suoi numeri, trascinando la squadra alla vittoria del campionato per due anni di fila. E poi? L'Atletico ha problemi finanziari e il presidente Jesus Gil decide di tagliare tutte le giovanili. Ma il baby Raul non deve andare lontano per trovare un'altra squadra. Nel 1992 passa da una parte all'altra di Madrid, dai colchoneros alle merengues. E con il Real è subito un colpo di fulmine: quella camiseta blanca non se la leva più, come un tatuaggio indelebile, una seconda pelle. Prima nelle giovanili certo, ma poi… 6 campionati, 3 Champions League e 2 Coppe Intercontinentali (per fermarci ai trofei principali). Non basta? Fascia da capitano al braccio, 741 presenze (record assoluto) e 323 gol. Un campione? Di più, una leggenda. 18 anni in blancos in cui il Real l’ha visto crescere e lui ha visto crescere il Real degli anni ‘90. Da Del Bosque a Capello (“fondamentale per la mia carriera”), da Morientes a Zidane, Figo e Ronaldo (il brasiliano): nomi da pelle d’oca, tutti passati dal Bernabeu. Lui c’è rimasto una vita. In quello stadio che si è alzato in piedi per applaudirlo quando a 17 anni ha segnato la prima rete nella Liga nel derby vinto con l’Atletico (chissà cosa avrà pensato papà Pedro). E poco importa se all’esordio contro il Saragozza si è mangiato un gol a porta vuota. Galactico per sempre, Raul.

SCHALKE - Poi la Germania. Sì, perché anche questa storia, come tutte, prima o poi doveva finire. Raul si trasferisce allo Schalke e il Bernabeu piange. Ma anche lui non nasconde le lacrime, nella mente scorrono veloci 18 anni passati a Madrid: dal debutto al matrimonio con Mamen Sanz (sono le esultanze con il bacio alla fede dopo ogni gol), passando per il Camp Nou ammutolito da un suo gol. Sciarpa blanca al collo e 80.000 persone che lo applaudono, impossibile trattenere la commozione. In Germania viene visto come un mito: i compagni lo inseriscono nel Mannschaftsrat (“consiglio di squadra”) composto dai giocatori più rappresentativi, ma lui rifiuta. Timido e schivo Raul, leader silenzioso e corretto: mai espulso in carriera, da inserire tra i vari record. E poi il Qatar e i New York Cosmos. E come unico filo conduttore la maglia roja della Spagna, con la quale avrebbe meritato di vincere di più (unico rimpianto insieme al Pallone d’Oro).

IL FUTURO - Raul chiude in America. Con un titolo, com’è sempre stato abituato a finire ogni stagione. Abituato bene sì, ma questa volta non ce ne sarà un’altra. Ora la scrivania lo aspetta, sarà direttore tecnico dei NY Cosmos. E il Real? Sempre nel cuore, tra la rassegnazione di papà Pedro e i ricordi di un Bernabeu in piedi ad applaudirlo. E quella numero 7, è già stata consegnata agli dèi del calcio.


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