Brasile in ansia, i verdeoro mai così male

Terzo ko di fila, il primo in casa nella storia delle qualificazioni. Ct ad interim, sognando Ancelotti
Stefano Boldrini
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Vergonhazo. Tre volte vergogna nella sconfitta rimediata all’alba di ieri dal Brasile al Maracanà contro l’Argentina: fischi colossali all’inno dell’Albiceleste, tafferugli tra le tifoserie e manganellate alla cieca della polizia, terza sconfitta di fila della Seleçao, impantanata al sesto posto del girone di qualificazione sudamericano e con la strada che porta verso la Coppa del Mondo 2026 (Usa-Canada-Messico) in salita. Il 2023 del Brasile è stato orribile: 3 vittorie, 1 pareggio, 5 sconfitte, media-punti 1,1. Nel rendimento post Qatar, i Verdeoro occupano il 20° posto tra le 32 partecipanti al torneo iridato 2022: peggio solo Germania – altra sorpresa - Arabia Saudita e Costarica. Un disastro, anche se nel ranking Fifa – e qui ancora una volta si rimane perplessi di fronte a queste classifiche – il Brasile è terzo, davanti a Inghilterra, Portogallo e Spagna. Boh. La situazione della Seleçao non è tragica, ma seria. E per certi versi, anche comica: un allenatore ad interim – il campione del mondo per club Fernando Diniz, grande con il Fluminense, pessimo con i Verdeoro - e una rosa valutata 1,04 miliardi di euro presa a sberle da Marocco (1-2), Senegal (2-4), Uruguay (0-2), Colombia (1-2) e Argentina (0-1). Tre ko di fila nelle qualificazioni mondiali sono un record e per fortuna che il 13 ottobre c’è stato l’1-1 con il Venezuela, altrimenti sarebbe stato poker. A chiudere il cerchio, la prima batosta interna incassata nelle eliminatorie della Coppa del Mondo, con la beffa di aver perso contro l’eterno nemico, l’Argentina.

2023 da incubo per la la Seleçao che aspetta Ancelotti

I giornali hanno ovviamente picchiato duro, sebbene tenga banco la polemica sull’organizzazione del match, con il rimpiattino tra autorità e federazione sulla scellerata decisione di non separare le due tifoserie: solo dopo i tafferugli e la protesta di Messi, che ha riportato l’Argentina negli spogliatoi, si è provveduto a creare una no fans zone. Allo stesso modo, si sta rivelando rischiosa la scelta del presidente federale Ednaldo Rodrigues di tenere il Brasile nel limbo, in attesa dell’arrivo di Carlo Ancelotti, legato al Real Madrid fino al 2024. Ancelotti è l’uomo perfetto per riportare in quota la Seleçao, ma una nazionale come quella brasiliana non può permettersi un vuoto di potere a tempo indeterminato, in cui, oltre alla crisi di risultati, bisogna fare i conti con il protagonismo di chi spara sentenze. Vedi Romario, che un mese fa ha detto: «Ancelotti si fotta, io voglio Diniz». Era prevedibile che uno straniero alla guida del Brasile non avrebbe avuto vita facile, ma se a parlare è Romario, la situazione si complica. C’è chi la pensa diversamente, come Zico («Ancelotti è l’uomo giusto per il Brasile»), ma la Seleçao sta precipitando e la rosa mostra evidenti limiti tecnici: manca un grande centravanti e a centrocampo qualcosa non torna. All’orizzonte, per il Brasile, la Copa America negli Stati Uniti (20 giugno-14 luglio 2024) e tra dieci mesi il ritorno in campo nelle qualificazioni mondiali. L’ultimo anno è stato un ballo di ct (Tite, Menezes, Diniz), moduli (4-3-3, 4-4-2, 4-2-3-1) e delusioni. Il 2024 è alle porte e la domanda è lecita: il Brasile aspetterà ancora Ancelotti, oppure l’attuale crisi – nella quale il governo farà prevedibilmente sentire la sua voce – costringerà Ednaldo Rodrigues a cambiare i programmi?


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