Stankovic: "Italiano grandioso, ma questa volta lo batto"

Viola già qualificata, al Ferencvaros basta non perdere: "Vincenzo fa un lavoro grandioso: dovrebbe avere otto punti in più"
Stankovic: "Italiano grandioso, ma questa volta lo batto"
Andrea Giannattasio
6 min

b«Vi sembrerà strano ma no, non sono arrabbiato». Dejan Stankovic risponde al telefono di buon mattino, quando Budapest è coperta da una coltre di neve e sono passate solo poche ore dalla cocente sconfitta per 3-2 in trasferta contro il Paks, scontro d’alta classifica che ha visto scendere il suo Ferenvaros a -4 dalla vetta del campionato: «Sarei più preoccupato se ci mancassero gioco e occasioni. Nella sfida di domenica invece ci sarebbe servita un po' di aggressione in più per fare punti. Ma si accetta tutto e si va avanti». E in effetti, Deki sa bene come ripartire dopo le delusioni. Lo ha fatto a Genova, dove solo pochi mesi fa alla Samp ha provato a salvare una squadra sull’orlo del fallimento, e ci sta riuscendo alla grande adesso, in Ungheria, dove in diciannove gare alla guida dei campioni magiari ha ottenuto dieci vittorie. Compresa l’ultima in Conference, a Leskovac, che al 98’ ha privato la Fiorentina della qualificazione agli ottavi di finale. Diceva, Stankovic, di aver creato tanto e raccolto poco. Un po’ come i viola? «Vincenzo ne sa qualcosa… lui, come noi, spesso ha seminato molto e raccolto una miseria, compresa la gara con la Roma. Ma l’unica strada che conosco è quella del lavoro: abbiamo perso tre punti ma non certo la possibilità a fine anno di gioire».

Dopo i successi alla Stella Rossa, quello che sta vivendo è il momento migliore della sua carriera da allenatore? «I due “double” (campionato più Coppa di Serbia, ndr) vinti a Belgrado restano qualcosa di unico per me. Ma anche le notti d'Europa League vissute con Milan e Rangers hanno un posto speciale nel mio cuore. Al Ferencvaros ho trovato una società con una storia pesante alle spalle: qui non si scherza. Sono felice di lavorare qui, in un club organizzato con un presidente splendido».

Dunque nessuna nostalgia dell’Italia?
«Non ci penso in questo momento, nella mia vita sono sempre stato un realista. Voglio centrare tutti gli obiettivi che mi sono prefissato qua e poi vedremo. Non ho paura di accettare qualsiasi sfida, se arriverà la chiamata della Serie A dovrò farmi trovare pronto».

Pronto, immaginiamo, già lo sarà per la sfida di giovedì con la Fiorentina: i viola sono qualificati, voi no…
«Sono comunque contento del lavoro che abbiamo fatto. Voi questo torneo lo chiamate “Conference” ma per me questo girone è da Europa League. Ci giocano i campioni d’Ungheria, i vicecampioni del Belgio, i vicecampioni della scorsa Conference… il livello è alto. Certo, ci manca qualche punto».

Allude alla gara di Firenze, dove al 65’ eravate avanti 2-0 prima della rimonta viola?
«Quella del Franchi è stata una partita dove la differenza l’ha fatta la panchina della Fiorentina. Mi riferisco semmai al pari interno con il Genk, dove eravamo in vantaggio e ci siamo fatti riprendere sull’1-1. In Europa certi errori non puoi permetterteli».

Firmerebbe, però, per un altro pari con la Fiorentina? Al Ferencvaros basta un punto…
«Non è nella mia filosofia, né di certo è in quella del mio amico Italiano. Abbiamo due mentalità vicine e vincenti: anche se Vincenzo ha raggiunto la qualificazione, non giocherà mai per pareggiare».

Quindi cosa risponde a chi, da Genk, sente odore di biscotto?
«Faccio finta che non mi abbia fatto questa domanda».

Chiaro. Della Fiorentina che idea si è fatto?
«Vincenzo sta facendo un lavoro immenso. A Firenze si parla già di Champions e credo che già quest’anno possa essere un obiettivo possibile per i viola, così come la vittoria della Conference. Lo dico per la qualità del gioco e dei calciatori in rosa ma anche per l’appoggio che la squadra sta ricevendo dalla società. Penso che, per quello che ha fatto vedere, alla Fiorentina manchino 7-8 punti in campionato».

Quanti ne mancano invece all’Inter per vincere lo scudetto?
«Calma, la strada è lunga. L’impressione da lontano è che i nerazzurri siano un carro armato. Una squadra senza punti deboli, con automatismi perfetti e una forte identità. Fa paura. Certo, mi viene da ridere…».

Per cosa?
«Ma si ricorda quando Inzaghi veniva messo in discussione pochi mesi fa? Da allora una finale di Champions, la vittoria della Coppa Italia e ora il primo posto».

Una posizione che fino a quando potrà insidiare anche la Juventus?
«Fino alla fine del campionato. Il vantaggio di avere una settimana intera per preparare le partite non è da poco e Allegri ne sta beneficiando. Tanti dicono che gioca male, però…».

Però ?
«La classifica parla chiaro. E poi ognuno nel calcio ha i suoi gusti: le vorrebbero in tanti la solidità e la compattezza che ha la Juve, così come l’abilità nei calci piazzati».

Il Milan, invece, ha chiuso un ciclo dopo lo scudetto di due anni fa?
«Non credo: penso che a Pioli siano mancati tanti uomini chiave a causa degli infortuni. Giocateci voi senza Leao, Giroud, mezza difesa e con Theo adattato a centrale. Credete sia facile? Non lo è nemmeno per un tecnico espero come Stefano».

E alla sua prima squadra italiana, la Lazio, cos’è che è mancato fin qui, Stankovic?
«I gol di Immobile, almeno dieci. L’organizzazione è sempre rimasta la stessa, in questo Sarri è un maestro. Ma quando non hai le reti del tuo bomber si fa dura per chiunque. Il raggiungimento degli ottavi di Champions sono un traguardo in ogni caso prestigioso e sono convinto che presto anche la Lazio rientrerà nella lotta per il quarto posto». 


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