ROMA - A Medellin avrebbero giocato l'andata della finale contro l'Atletico Nacional e, chi lo sa, magari avrebbero vinto. Con i se e con i ma non si fa la storia, eppure i campioni della Chapecoense resteranno nell'immaginario comune come eroi di un calcio povero, ma vero. I ragazzi che hanno perso la vita nella tragedia aerea non hanno giocato la partita, la Copa Sudamericana è stata sospesa, ma è in momenti come questi che viene fuori l'umanità. In particolare quella dell'Atletico Nacional, squadra che avrebbe dovuto sfidare i brasiliani, che ha chiesto al Conmebol di dare la vittoria al club orfano dei suoi giocatori e di alcuni dirigenti.
IL TROFEO - Nella notte il sogno Chape si è in parte avverato: niente coriandoli, fuochi di artificio o giocatori gioiosi al momento in cui il presidente Plinio David de Nes ha ricevuto la coppa. Solo tanta commozione e tanti applausi, soprattutto quando Nes ha chiamato sul palco un dirigente dell'Atletico Nacional e insieme hanno alzato il trofeo. Il primo della Chape ha voluto anche ringraziare il mondo intero per la solidarietà e l'affetto. Queste le parole espresse per i rivali della finale mai giocata: "Il vostro è un gesto di umanità, dignità e amore". A loro il premio fairplay.
Momento que o presidente da Chape compartilha a Sul-Americana com o @nacionaloficial. Juntos somos mais fortes.#VamosChape pic.twitter.com/7KHakBFfvO
— Chapecoense (@ChapecoenseReal) 22 dicembre 2016