ROMA - Più che muovere le braccia e le gambe le lascia andare. Lo dice lui: disordinato, tante volte comanda il corpo e la mente ubbidisce. Marco Sportiello però ha quell’istante da neutrino, è una canna da pesca lunga 1,92 che improvvisamente sibila nella direzione giusta e piglia all’amo il pallone. Spesso para anche i rigori. Sin dalla sua prima partita, ragazzino appena iscritto alla scuola calcio. Si staccava dal fango con uno zampillo d’energia. Ne neutralizzò quattro, di rigori. E comunque gli segnarono 11 gol.
DEBUTTO - Avrebbe anche potuto finirla lì e riprendere il discorso interrotto con la pallavolo, che pure gli piaceva.
Oppure poteva lasciar perdere più tardi, a diciott’anni, quando l’Atalanta lo prestò al Seregno. Pensava: in Serie D giocherò sempre. Trascorse le prime otto giornate seduto. Ha continuato invece, anche perché possiede un inesorabile sentimento del tempo e non sopportava il pensiero di averne sprecato tanto.
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