Vlahovic, il gol non ha prezzo

I piani ambiziosi e l’ostinazione del centravanti del momento. L’irritazione, gli appelli e l’eventuale "resa" della Fiorentina. Il caso è ormai internazionale, mettiamo ordine tra milioni, tendenze e tempi sbagliati
Vlahovic, il gol non ha prezzo© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Non si siede nemmeno. Non solo non ne discute: evita addirittura di ascoltare chi vorrebbe trattenere o, se messo alle strette, vendere il centravanti del momento. L’agente di Dusan Vlahovic, Darko Ristic, che ha più volte smentito di essere in società con Danilo Vucic, figlio del presidente della Serbia Aleksandar, non si sposta di un centimetro rispetto alle posizioni dell’estate scorsa. E a poco valgono gli appelli, i ripetuti attacchi e i richiami alla gratitudine e al senso di responsabilità di Rocco Commisso e Joe Barone: la prospettiva della libertà contrattuale, peraltro monetizzabile ben oltre i confini della logica post-pandemica, è più allettante e forte di qualsiasi pressione.
Lo stallo ha decisamente innervosito la Fiorentina che sarebbe perfino disposta a cedere Vlahovic nelle prossime due settimane: le offerte non mancano - assicura il club - e provengono tutte dall’estero. «Ma quello non si siede». L’Arsenal il più deciso, l’Atletico Madrid meno presente, dal momento che non è in grado di investire cifre importanti prima di giugno. Attenti all’evolversi della situazione sono il Psg, il City e il Tottenham che ad agosto si presentò con intenzioni molto serie.
«Di Dusan se ne parla ogni giorno» ha ricordato con amarezza e comprensibile stanchezza Barone. «Da lui, comunque, non ci aspettiamo una risposta sul futuro ormai. Abbiamo i nostri programmi e vogliamo attivarci. Posso solo riferire ciò di cui abbiamo discusso in passato, l’ultima volta che il presidente è stato a Firenze le cifre sono quasi raddoppiate e non si è trattato di un’apertura. Qualche giorno fa ho sentito Dusan sul tema, se volesse effettivamente restare dovrebbe dirlo pubblicamente e firmare. La città non può aspettare all’infinito, ma da quel che ho capito non mi sembra disposto a trattare e quindi dobbiamo prendere delle decisioni che in parte non lo considerano».
Barone prova a trattenersi, molto meno diplomatico è Commisso, in guerra aperta con il mondo dei procuratori, oltre che con alcuni dirigenti del calcio italiano (Agnelli, Zhang): «Ci sono delle valutazioni in corso, ma Vlahovic è cresciuto qui e, qualunque cosa accada, dovrebbe essere riconoscente al club che gli ha permesso di arrivare dov’è ora» la più recente sottolineatura presidenziale. «Io sono un animale diverso e spero di essere rispettato. Ci sono tantissime situazioni burocratiche che mi fanno letteralmente impazzire. Tutto ciò che ho fatto nel poco tempo a disposizione da quando sono alla Fiorentina è stato un successo, ma quello che mi sconvolge è non venire apprezzato. Io non sono uno stupido americano: quando sono arrivato ho immesso nelle casse del club 80 milioni per coprire le perdite, poi, con la pandemia che devastava le finanze, ne ho spesi altri 90 per costruire il nuovo centro sportivo. Fin qui ho investito 340 milioni. Voglio rendere la Fiorentina autosufficiente, garantendo delle entrate che permettano di acquistare giocatori sempre più forti per competere con le migliori squadre italiane ed europee».
Fin dall’inizio delle negoziazioni, nei piani di Vlahovic c’era l’uscita da Firenze e l’approdo a un grande club europeo. Sembrerà incredibile, ma l’aspetto economico era secondario poiché consequenziale. Dusan è convinto di poter giocare in tutti i top club, soprattutto per ruolo, numero di gol e età. E più passa il tempo e più segna e maggiore è la consapevolezza di meritare l’interesse delle grandi.
Se si può addebitare una colpa alla Fiorentina è quella di non aver sempre creduto in lui: se Prandelli non avesse deciso di investire su Dusan, sacrificando Cutrone, probabilmente il giocatore avrebbe preso altre decisioni o altre strade. Terza ipotetica consecutiva: se la dirigenza viola fosse stata convinta delle qualità del ragazzo avrebbe dovuto lavorare allora a un banalissimo rinnovo. Oggi il potere contrattuale è nelle mani del giocatore. Anzi, dei giocatori: penso ad esempio a Insigne, che a trentun anni andrà a raddoppiare il proprio stipendio in Canada, una soluzione che difficilmente potrà essere spacciata per “scelta di vita”. E prima di Insigne c’è stato Donnarumma, coetaneo di Vlahovic, pochi mesi li dividono: Gigio rifiutò le offerte del Milan, che si era posto un limite invalicabile, per liberarsi a zero e finire a Parigi dove nella prima stagione - e nonostante i dodici milioni netti - è costretto a dividere la titolarità col trentacinquenne Keylor Navas.
L’aspetto preoccupante del caso Vlahovic, che non è più italiano ma internazionale, risiede nella sua più che possibile conclusione: secondo la Fiorentina Dusan terrà duro fino a gennaio 2023 quando potrà firmare per chi l’ha fortissimamente voluto e profumatamente pagato. 

 


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