NAPOLI - A memoria d’uomo, non c’è mai stato un centravanti non giocatore capace di trasformare i titoli dei giornali in quelli della borsa e starsene in copertina un giorno sì ma l’altro pure per assistere ad una commedia che sa di cinepallone: però adesso ch’è s’è chiusa questa storia dentro il tempo massimo, a Cristiano Giuntoli non resta che prendere l’armamentario per trasformare la Continassa in quello straordinario luna park di Castel Volturno che pareva adagiato sulla luna. È stato un viaggio lunghissimo nello spazio, partendo da Carpi per atterrare a Napoli e trascinarsi fino allo scudetto: e ora ch’è finita e stanno scivolando i titoli di coda, nel caveau della memoria restano le immagini emozionanti del 4 maggio a Udine, quel senso di disorientamento del 5 giugno al «Maradona» e tutto ciò che gli è valso il titolo di Re Mida, costruito in otto anni da mille e una notte con il quale si presenta alla Juventus per un quinquennio, si dirà un ciclo, ad un milione e mezzo annui.
La svolta
Il copione della sceneggiatura stava in bella mostra tra le abitudini di De Laurentiis, diabolico regista che ama lasciare chiunque con il fiato sospeso: il contratto di Cristiano Giuntoli, avendo scadenza giugno 2024 da stanotte, alle 00.00, avrebbe avuto nuova validità per la stagione che è appena cominciata e quindi avrebbe comportato oneri dei quali conviene fare a meno, perché un milione e settecentocinquanta mila di ingaggio netti, a quel punto, sarebbero stati un impegno da rispettare. Giuntoli ha stretto la mano ad Adl, ha chiaramente stracciato quel patto, ha pure firmato la liberatoria per i compensi ancora non goduti (tre mensilità, pari a 390mila euro, spicciolo più o meno), ha «ignorato» il premio scudetto da 500 mila e con quegli 890 mila euro virtualmente sul tavolo si è preso la libertà inseguita da almeno due mesi, agevolata ieri mattina dal chiarimento tra Adl e Maurizio Scanavino, l’ad di Madame inflessibile nel ribadire la linea della Juventus, insofferente a qualsiasi forma di trattativa. Però la telefonata è stato un bel gesto ed ha attivato Giuntoli a raggiungere Adl, per salutarsi: va via da solo, diventa il capo di un settore, quello tecnico della Juve, che Giovanni Manna, il giovane diesse, ha pilotato con personalità, lascia a Napoli Giuseppe Pompilio, avvocato e amico e confidente che proverà a portar con sé tra dodici mesi.
Black out
Il comunicato per annunciare il divorzio è arrivato alle 20.26 con un tweet sul profilo del Napoli, che «ringrazia Cristiano Giuntoli per gli 8 anni di collaborazione con il presidente Aurelio De Laurentiis, l’amministratore delegato Chiavelli e con gli allenatori che hanno guidato la squadra». Sussurrando qualcosa sulla sua giornata durante l’apertura del mercato a Rimini, in videocollegamento, Giuntoli ha parlato di «inconveniente da mettere a posto, ecco perchè non sono riuscito a venire...». Poi ha parlato ancora di Napoli: «Il sentirsi sempre un noi e mai un io è stato la nostra forza, ciò che ci ha resi più forti. Abbiamo avuto anche un pizzico di fortuna sul mercato, tornando a puntare sui giovani come facevamo una volta». È finita, quando è finita...Perché ad aprile, quando accidentalmente (diciamo così) Francesco Calvo e Cristiano Giuntoli cominciarono a chiacchierare di futuro, fu chiaro al direttore sportivo del Napoli che la sua esperienza al fianco di De Laurentiis poteva essere introdotta al congedo. Giuntoli chiamò Adl, gli disse poche cose («lasciami andare»), scelse di essere frontalmente limpido e consapevolmente si infilò in un braccio di ferro. Le ultime due stagioni, stellari, hanno avuto il potere di spostare la polvere sotto ai tappeti, non certo di rimuoverla: tra Adl e Giuntoli la prima frattura s’avvertì a novembre 2019, nella tormenta dell’ammutinamento; e poi subito dopo, a dicembre, quando l’ad Chiavelli e il ds lo convinsero ad esonerare Ancelotti, il rimpianto mai nascosto a se stesso da De Laurentiis. E per ricomporre la rottura rumorosa, scioccante di gennaio 2021, dopo la sconfitta di Verona, le minacce di esonero, la speranza di dimissioni più volte invocate attraverso terzi, l’isolamento assoluto al quale Giuntoli venne confinato, ci sono voluti due capolavori, Kim e Kvaratskhelia, e la gestione d’una rivoluzione sontuosa, esaltata da Spalletti che ha avuto pure la funzione del collante tra la proprietà e il manager. Ma in realtà, ormai, in superficie rimaneva la gratitudine, reciproca, e nell’ombra restava quel retrogusto amaro e insopprimibile d’una diversità assoluta, totale. Avevano smesso d’essere simili, complici: non restava che il divorzio. E se’ c’è di mezzo una (Vecchia) Signora, facile che accada.