Zenga esclusivo: "Lukaku-Juve? La mia Inter sopravviverà"

Le parole del tecnico, ex portiere nerazzurro, ora in Indonesia come consulente del Persita Tangerang: cos'ha detto sul belga
Antonio Giordano
8 min

Chi l’ammazza, l’Uomo Ragno? Ha vissute tante vite che con quella faccia da inguaribile scugnizzo - il ciuffo ribelle, l’andatura un po’ guascona, l’eloquio fluente - l’hanno trasformato in eroe moderno, sempre, dai diciotto ai sessantatré anni inclusi. Walter Zenga è un marchio di fabbrica, un modo di essere, un idolo a prescindere e anche una amabilissima canaglia che non ama nascondersi dietro una porta, non sia mai, ma sbatterla in faccia al tempo che scorre via: un Peter Pan 3.0.

Se i conti non sono sbagliati, Walter Zenga ha vissuto in nove Paesi diversi.
«I conti tornano, se la memoria non inganna me».

Se ne è stato in quasi tutti i Continenti...Un giretto in Australia lo prevediamo?
«Mi ha dato un’idea, comincio a pensarci».

Intanto, è finito in Indonesia...
«Al Persita Tangerang, su invito di Tho h ir, conosciuto all’Inter, della quale sono sempre Ambassador. Il presidente della Federcalcio Indonesiana è lui, mi ha proposto questo ruolo da Consulente e la mia bulimica voglia di assorbire esperienze sempre nuove mi ha spinto qua con l’entusiasmo di sempre».

È il Marco Polo del Football.
«Diciamo che non mi sono fatto mai mancare nulla. Ho bisogno di sentire lo stress in ogni sua forma. Ogni età ne offre un bel po’: l’ho assaporato da giocatore, da allenatore e adesso mi sono calato in questo nuovo ruolo, che mi gratifica».

Il super-manager.
«Faccio da cuscinetto tra la società e l’allenatore, seguo la costruzione del centro di allenamenti, metto a disposizione le mie conoscenze sulla organizzazione. Cose da fare ce ne sono ed a me non dispiace offrire quel che so. Non è poco, probabilmente, considerato che ormai sono a 63 anni».

Lo spirito, e non è per convenzione, è d’un ragazzino.
«Ne sento sempre venti di meno, mi piace confrontarmi con le nuove generazioni, osservare con interesse l’evoluzione di questo universo che muta rapidamente sotto ai nostri occhi. Pure il calcio è cambiato e chi pensa che qui si sia terribilmente indietro non ha capito niente. La Champions asiatica, per dirne una, non va assolutamente sottovalutata. E quando perdi, ti contestano qua come in Nepal».

È il momento dei Paesi Arabi: lei, precursore, ci arrivò nel 2010.
«Mi aveva anticipato Donadoni, che ci andò a giocare. Io ero appena andato via dal Palermo, mi chiama un mio amico e mi dice: che ne pensi, c’è una panchina libera? Avevo visto tanto ma non ero sazio allora e non lo sono adesso. Provai partendo dall’Al -Nassr, le suggerisce niente ?».

Beh, facile.
«Ecco, quello che è il club attuale di Ronaldo mi spinse a salutare e a rescindere, avviando un contenzioso attraverso la Fifa. In sei mesi, mai ricevuto uno stipendio, che recuperai ovviamente dopo. Oggi non accadrà più, siamo su altri livelli come si può facilmente dedurre».

La sua vita è sempre stata esagerata, pure fuori dal campo.
«Un casino... Si può dire, vero?».

Ci mancherebbe. Tre mogli, cinque figli: il primo, Jacopo, ha 37 anni; l’ultimo, Walter junior, ne ha undici.
«Generazioni distanti. Samira, la penultima, mi prende in giro quando devo mandare una Pec: dài detta papà, ci penso io. Con i social stanno avanti, ovviamente. In classe ora studiano con l’iPad. Noi avevamo le lavagne, il gesso. Sono costretto ad apprendere, sennò resto indietro».

E adesso, sua moglie e i suoi bambini sono a Dubai.
«Ma dobbiamo decidere cosa fare, prima o poi. I ragazzi sono in quell’area di passaggio, non è piacevole staccarli dagli amici. Però ragioneremo provando a immaginare quali prospettive possano avere».

Non si annoia e non sta fuori dal Mondo.
«Tecnologia a parte, qua ci sono oltre 300 milioni di abitanti. Ma sono connesso con qualsiasi angolo della Terra, soprattutto con l’Italia».

Avrà telefonato a Buffon, quindi?
«Gli ho mandato un messaggio. Ci sentiremo. U na leggenda, non un portiere come gli altri: non so se il più grande di tutti i tempi, perché le classifiche le ritengo false, ma un uomo che ha segnato il calcio internazionale per ben 25 anni. Dunque, già oltre».

Un eterno contemporaneo.
«Uno che vince il premio come miglior portiere al mondo per 5 volte è una leggenda. Ma se tra il primo e il quinto trofeo sono trascorsi 14 anni, dico 14 anni, allora vuol dire che siamo al Monumento. Lei pensi che io ho conquistato quel riconoscimento in tre occasioni, nell’89, nel ’ 90 e nel ’ 91. Tragga le conclusioni. L’atleta e anche il personaggio sono stati immensi».

Non sceglieremo il gigante del ruolo.
«Impossibile confrontare il calcio di ieri con quello di oggi o di domani. Sarebbe un’analisi artefatta, che non renderebbe giustizia».

Infili il suo sguardo nel buco della serratura delle porte di oggi.
«Nel Mondo, ce ne sono tanti sullo stesso livello e dipende quindi dalle preferenze. In Italia, la scuola resiste, nonostante l’anno scorso Maignan ed Onana si siano presi la scena. Ma dei nostri, penso a Meret che ha vinto il campionato e lo ha fatto con padronanza assoluta, trasmettendo tranquillità; oppure a Vicario che si è guadagnato il Tottenham. A me piace Audero, fossi l’Inter farei una riflessione. E poi sono curioso di vedere Caprile e Carnesecchi, che hanno già dimostrato. Però dovrei aggiungere pure che Falcone e Di Gregorio hanno dato una loro impronta alle stagioni di Lecce e Monza».

Che stagione è stata?
«Bella, vinta da una squadra - il Napoli - che ha giocato un calcio fantastico, fotografia della natura proprio allenatore. Un club capace di rivoluzionarsi, via Koulibaly e Insigne e Mertens, e di trovare con Giuntoli Kim e Kvara, che in pochi conoscevano. Io me lo ricordo ciò che si diceva e so bene anche che mi sbilanciai su Correa all’Inter e De Ketelaere al Milan: due crack, dissi. Ci metto la faccia, io».

Un pensiero in libertà.
«È strano però che Spalletti non sia in panchina, ma vedrete che tornerà presto: uno come lui non può restare a fare da spettatore. Però De Laurentiis ha scelto l’erede giusto, perché Garcia e un gran tecnico».

Cosa la sta stuzzicando?
«Mi dà noia il mercato aperto. Il Milan si sta attrezzando come si deve, aspettiamo le altre, c’è ancora un mese di trattative. L’Inter si sta ringiovanendo, ha messo su un centrocampo di elevatissima qualità, uno dei migliori. Sarà un torneo diverso, senza soste, e perfetto per i miei gusti, con partite a Natale e a Capodanno».

Con Lukaku (forse) in bianconero. Che effetto le fa?
«Ha una domanda alternativa?».

Non volevamo insolentirla...
«Intanto, Lukaku è un giocatore che andrebbe alla Juve. E poi l’Inter sopravvive agli addii: siamo andati via io, il Fenomeno, Mourinho, tanto per fare tre nomi, ed è sempre una Grande».

La rivedremo in tv su Sky?
«Non ho ancora avuto modo di sapere, ma ormai i collegamenti in remoto sono d’uso corrente. E io sono uno che dorme poco».

Per capire, la prossima volta quale dev’essere il fuso orario di riferimento per intervistarla in orario civile?
«Mi ha ispirato lei: l’Australia mi tenta».


© RIPRODUZIONE RISERVATA