De Laurentiis non si ferma: “Napoli, altri due colpi”

Il presidente in ritiro verso la semifinale di Supercoppa pensa sempre al mercato: "Vogliamo tornare a vincere"
De Laurentiis non si ferma: “Napoli, altri due colpi”© FOTO MOSCA
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RIYAD - Meglio non voltarsi o forse sì: perché c’è stato quel tempo vissuto che va ancora assaporato. È durato poco, però nasce da lontano, da un “ventennio” pieno di idee, di slanci, di un’identità accertata che non può evaporare nel nulla e che ancora si coglie in quel retrogusto dolcissimo che comunque s’avverte. Quando un’auto enorme sbuca dinnanzi all'ingresso del Four Seasons di Riyad, si ha limpidamente la sensazione che è finita un’era ed un’altra, in qualche modo, va allestita: mettendoci la faccia, mica esclusivamente i soldi, e rischiando ancora e di nuovo in prima persona, osando dopo aver sbagliato (cit.: «Mi assumo tutte le responsabilità di questa situazione») e provando ad afferrare il futuro e tenerselo per sé. Walter Mazzarri è seduto al fianco del guidatore, occhiali azzurri che riparano dal venticello lieve ed adagiano la stanchezza altrove, certo al di là degli sguardi; e Aurelio De Laurentiis sta dietro, assorto nei propri pensieri, il sorriso che camuffa un sentimento - o i tormenti - e la personalità che a bagliori riemerge dalla delusione. «Abbiamo dimostrato, dal 2004 ad oggi, che a Napoli si può essere vincenti e vogliamo tornare ad esserlo». Lo scudetto pare già un poster alla memoria, ad un’Idea nuova e diversa, persino alternativa, che val la pena di godersi a testa alta: e però gli album dei ricordi, poi, ancor prima d’ingiallirsi, rischiano di trasformarsi in una Spoon River da evitare. «Bisogna rimettere il Napoli sui binari». Riyad è il manifesto di quell’epoca gioiosa, si può dire persino sontuosa, d’un calcio sublime e irripetibile: sono volati via appena sette mesi, pare quasi un’eternità, e prima di imbarcarsi in orizzonti ancora opachi, ci sono queste due settimane di mercato che possono rappresentare una frontiera che introduca nella spensieratezza perduta. «Ne prenderò altri due». Ciryl Ngonge ha ventitré anni, appartiene a quelle logiche che sono state scolpite nel marmo, ed è l’ultima eco che arriva da Napoli, collegata con un ponte telefonico sistematicamente attivato che fa tanto (e pure) cinema: De Laurentiis esce da se stesso e poi ci rientra con una vitalità disarmante, scandisce le proprie giornate sin dalle 5.30 del mattino, ci infila dentro messaggi, vocali e chiamate che testimoniano la sua centralità in qualsiasi operazione, e poi si lascia andare con due cronisti per un paio di frasi volanti che rappresentano la sintesi d’un pensiero in evoluzione. «Parlerò, come ho detto, più in là. Ma ribadiremo che Napoli sa essere vincente, come è stato dimostrato anche da noi». 

La rivoluzione in casa del Napoli

 Zitto zitto, e neanche poi tanto, si è dinnanzi ad una rivoluzione insospettabile, è la metamorfosi d’un ciclo che «andava resettato con lo scudetto» e che è stata avviata ora rumorosamente: via Elmas e tra un po’ anche Zielinski; e prima erano già partiti Spalletti e Giuntoli, ognuno secondo ruoli e competenze, architetti con Adl del “capolavoro” che però rimane, è Storia, ma da riscrivere. E’ arrivato Mazzocchi dalla Salernitana, a Roma è atterrato - ed è passato da Villa Stuart - Traore, che pure ha un’età perfettamente in linea con quella filosofia che al Napoli è appartenuta, e adesso tocca a Ngonge, un innamoramento dell’ultima ora di Adl che dinnanzi alla domanda-allusione sorride ma non s’esprime, però lascia intendere d’aver voluto incidere. 

Il momento della svolta

Il calcio deve averlo creato il diavolo, che può esserne genitore o comunque perlomeno sodale, ed alzi la mano chi l’avrebbe sospettato a giugno che a Riyad, in questo festival moderno della celebrazione e del business, i campioni d’Italia sarebbero apparsi ormai come eroi indimenticabili ma distanti a De Laurentiis. «Ne compriamo altri due». Nulla è per sempre. 

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