Se non è all-in, poco ci manca. Mai come in questa sessione di mercato, Aurelio De Laurentiis ha puntato tutto su un solo uomo: Antonio Conte. Si è affidato completamente all'allenatore salentino. All'uomo scelto per provare a risalire dopo lo sfacelo post-scudetto. E per Conte e le sue idee, ha messo da parte ventennali convinzioni di gestione aziendale. La prima è aver avallato uno staff extra-large che a Napoli mai nessuno ha avuto: né Benitez né Ancelotti. Ha dato l'ok a Oriali: figura dirigenziale che da queste parti non è mai esistita. E ha detto sì all'acquisto di Romelu Lukaku. Un'operazione che sconfessa in toto l'Aurelionomics. Trenta milioni per un calciatore di 31 anni, che a Napoli godrà dell'ingaggio più alto di tutti (eccetto Osimhen). E che più di qualcuno considera in parabola discendente. De Laurentiis ha provato fino alla fine a strappare le migliori condizioni possibili. Ma dopo la disfatta di Verona si è arreso. E ha chiuso l'acquisto meno delaurentisiano della sua presidenza.
A oggi, 25 agosto, i milioni spesi sono 111. Record assoluto della sua gestione. Nel primo anno di Benitez si spinse a circa 80, quando portò Higuain, Albiol, Mertens, Callejon. Ma, attenzione, in quella sessione fu ceduto Cavani al Psg per 63 milioni. Con Ancelotti toccò i 71 il primo anno, e i 95 il secondo. Anche in quel caso, però, ci furono cessioni. Il primo anno quella di Jorginho al Chelsea per 60 milioni, il secondo Verdi e Diawara. Stavolta ha incassato pochissimo. La miseria di 18 milioni tra Zanoli, Ostigard, più prestiti onerosi di calciatori protagonisti della fallimentare campagna acquisti dello scorso anno: Cajuste, Lindstrom e Natan. Tutti ceduti senza obbligo di riscatto.
De Laurentiis ha accettato il rischio imprenditoriale. Ha interiorizzato la lezione dei 91 punti dell'era Sarri. Ha capito che le squadre raggiungono un punto di saturazione. Che oltre un certo limite non possono essere strizzate. Servono energie fresche, volti nuovi. Del resto lo scudetto è stato vinto non appena la baracca è stata alleggerita della vecchia guardia: da Mertens a Insigne a Koulibaly. Ora quello scudetto dev'essere dimenticato, Conte ha pienamente ragione. Deve diventare il Napoli di Buongiorno e di Lukaku. Di Neres e forse di McTominay. Solo così si volta davvero pagina. Ovviamente tutto ciò ha un prezzo e a pagarlo è solo De Laurentiis.
Centoundicimilioni spesi (e manca almeno un centrocampista, forse due) e sullo stomaco di don Aurelio pesa ancora come un macigno Victor Osimhen l'ultimo lascito della lunga catena di errori commessi tra i fumi dello scudetto. Un macigno di cui al momento non è chiaro se il Napoli riuscirà a disfarsi. Sembrò una genialata il rinnovo con clausola a 130 milioni, con ingaggio monstre di dieci milioni. E invece è stato un cappio al collo. Una trappola. Da cui, al momento, il Napoli ancora non sa come liberarsi. Vent'anni dopo, a 75 anni, per provare a mantenere il suo Napoli nella gerarchia del calcio italiano (ed europeo), De Laurentiis ha stravolto la sua politica aziendale. Gliene va dato atto.