Gabriel Batistuta: l’eroe di due città

Batigol è il miglior marcatore della Fiorentina in Serie A, con la Roma ha vinto lo scudetto nel 2001
Gabriel Batistuta: l’eroe di due città
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L’Italia scopre Gabriel Omar Batistuta durante il torneo di Viareggio del 1989. Lo chiamano ancora il Camion, quell’attaccante in prestito dal Newell’s Old Boys al Deportivo Italiano per l’evento. È lì che si fa immortalare col suo idolo, Diego Armando Maradona. In futuro giocheranno insieme in Nazionale. Due anni dopo al Boca Juniors arriva Oscar Tabarez, che lo sposta da attaccante esterno a centravanti. Batistuta segna sei volte in Copa America, compreso il gol decisivo che regala all’Argentina il primo titolo dal 1959 e dopo un vero giallo di mercato il procuratore Settimio Aloisio lo porta alla Fiorentina.  

BATISTUTA ALLA FIORENTINA - Per averlo, Mario Cecchi Gori deve pagare complessivamente 18 miliardi, che comprendono anche l’acquisto del suo sostituto, Mohamed, e l’ingaggio di Latorre, argentino lasciato in prestito al Boca: tutti assistiti da Aloisio. Non si prende con Lazaroni, il tecnico brasiliano dei viola, né con Radice che lo sostituisce dopo 5 giornate. L’amore deflagra con il colpo di testa che apre il 2-0 alla Juventus. Il campione di Avellaneda ha trovato una nuova casa. È un campione lontano dai pregiudizi sui sudamericani. Non cresce in quartieri poveri, non è uno studente di scarsa applicazione, non ha love story da copertina, anzi arriva a Firenze con la sua Irina già incinta del primo figlio. 

ALL’INFERNO E RITORNO. Segna 16 gol nell’anno della retrocessione, lo vuole il Real Madrid ma rimane a Firenze con una missione: riportare i viola in A, anche per il presidente. Mario Cecchi Gori però morirà per un attacco cardiaco prima di vederne la conclusione, la doppietta nel 5-1 all’Ascoli dell’8 maggio 1994. Con il tecnico Claudio Ranieri ha legato subito e in Serie A gli regala un inizio da record: 13 reti nelle prime 11 giornate, meglio anche di Ezio Pascutti, leggenda del Bologna nel 1962. A fine stagione, sarà il primo viola in trent’anni a vincere il titolo di capocannoniere. E il meglio deve ancora venire. Rui Costa lo ispira, i suoi gol fanno volare la Fiorentina alla vittoria in Coppa Italia nel 1996. Tre mesi dopo urla in Mondovisione l’amore per la moglie a San Siro: più della vittoria sul Milan in Supercoppa, resta il suo «Te amo Irina». Nel 1997 zittisce il Camp Nou in semifinale di Coppa delle Coppe, segna 34 reti in Serie A in due stagioni, avvia l’addio nell’anno del Trap con la magia di Wembley. È uno di quei capolavori che può pensare solo lui, «il gol che mi lega maggiormente ai tifosi fiorentini – ha detto alla Domenica Sportiva -, ci davano tutti per spacciati invece vincemmo con l’Arsenal nel girone». 

 

BATISTUTA ALLA ROMA - A 31 anni, il più prolifico attaccante nella storia della Fiorentina (152 reti in A) è pronto per una nuova sfida. Vuole vincere qualcosa di importante, si fa avanti Franco Sensi, il presidente della Roma, con oltre 140 miliardi per cartellino e ingaggio. Il 6 giugno 2000 Batistuta compare all’Olimpico per la presentazione: ad aspettarlo 13mila tifosi e più di cento giornalisti di tutto il mondo. «Oggi è inserito in una società e in una squadra come la Roma per portare grandi risultati. Batistuta è quella pedina tecnica che mancava», dice Sensi. «È vero che non faremo la Champions League, ma sono convinto che vincere lo scudetto sia meglio che conquistare la competizione europea» promette Batigol. I suoi 20 gol e il trio con Totti e Montella trasformano la promessa in un sogno realizzato. Batistuta fa la differenza soprattutto nel girone d’andata, poi rallenta nella seconda parte di stagione per problemi al ginocchio, ma intanto è tornato a volare l’Aeroplanino. I primi dolori li ha già avvertiti alla seconda giornata a Lecce.

LO SCUDETTO ALLA ROMA - Vorrebbe il cambio dopo un quarto d’ora, Capello gli chiede di restare in campo, la Roma vincerà 4-0 con una sua doppietta. Batistuta si commuove dopo il destro al volo da ex alla Fiorentina all’Olimpico ma il carattere di quella squadra si vede soprattutto in trasferta. Il girone d’andata si chiude a Parma, dove il primo tempo sembra mettere alla prova la tenacia, lo spirito, l’ostinazione dei giallorossi, sotto di un gol nonostante il palo di Totti su rigore e occasioni a ripetizione frustrate da un Buffon insuperabile. Nella ripresa, però, si erge Batistuta che inverte il finale di partita con due sentenze al volo da grande centravanti.

La Roma è campione d’inverno, Lazio e Juventus restano staccate a sei punti, Batistuta raggiunge 14 centri in campionato. A campi invertiti, nel sole di maggio dell’Olimpico, i tre di quell’attacco segnano una nota per uno nella musica più dolce, che fa abbracciare i tifosi e li fa sentire una persona nuova. Nella stagione successiva, arriva la Supercoppa Italiana, ma “Batigol”, intralciato da alcuni infortuni, non riesce a ripetersi. In un gennaio malinconico, nel 2003, gioca l’ultima delle 63 partite in A con la Roma, contro il Chievo. Dopo 87 presenze e 33 gol, va all’Inter ma i ricordi saranno sbiaditi.


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