Ramon Diaz, un bomber tra Fiorentina e Inter

Nell'estate del 1988 l'attaccante argentino venne ceduto in prestito alla squadra guidata da Trapattoni. A Firenze non fece più ritorno, disputando coi nerazzurri la sua ultima stagione in Serie A
Ramon Diaz, un bomber tra Fiorentina e Inter
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Firenze, luogo d’amori, gelosie, bellezza. Milano, città efficiente per eccellenza, votata al successo per dinamismo e ineluttabile desiderio di lavorare. Trecento chilometri che a volte si è costretti a percorrere per voltare pagina, lasciare alle spalle i rancori, vivere nuove avventure. Il percorso che fece nell’estate del 1988 Ramon Angel Diaz, centravanti argentino che dopo sei anni di Serie A, gli ultimi due giocati indossando la maglia viola, si diresse verso nord per dimenticare il suo travagliato rapporto con la Fiorentina.

IL RAPPORTO CON PONTELLO - O, per meglio dire, col Conte Flavio Callisto Pontello, proprietario della società della quale si voleva alfine disfare, che con l’attaccante sudamericano ebbe sin dall’inizio una relazione complicata. Correva l’anno 1986 quando il Conte cercava un acquirente al quale cedere la Fiorentina. Nel frattempo, il direttore generale dei viola, Claudio Nassi, faceva il suo mestiere e, con un’operazione di mercato vincente, acquistava Diaz dall’Avellino beffando la concorrenza del Torino: 10 miliardi di lire per il cartellino e 700 milioni d’ingaggio al giocatore. Bel colpo, utile anche a incrementare il valore della società. Se non che l’offerta giusta non arrivò e Pontello, obtorto collo, si ritrovò in casa un acquisto di cui, col senno di poi, avrebbe fatto a meno. Impugnò il contratto del calciatore argentino e licenziò Nassi: non il modo migliore per dare il benvenuto al nuovo centravanti viola. Toccò alla sapiente mediazione del presidente Righetti trovare una soluzione allo strappo, che portò alla riduzione dell’ingaggio pattuito e alla promessa di un premio al raggiungimento dei dieci gol. Che Diaz realizzò con esattezza certosina, punta di diamante di una squadra che, nell’attesa dell’esplosione di Roberto Baggio, faceva affidamento su tanti ex della nazionale di Bearzot e qualche giovane promessa: Gentile, Maldera, Oriali, Antognoni, Carobbi, Berti e Onorati non riuscirono, però, a dare a Firenze una stagione da ricordare. L’anno successivo, con l’arrivo di Eriksson sulla panchina, le cose non migliorarono molto. Anzi, le frizioni tra Ramon e la società aumentarono, aggravate dalla non eccelsa stima che il tecnico svedese sembrava nutrire nei confronti dell’attaccante argentino.



ALL’INTER DEI RECORD - Restare a Firenze non era più un’opzione e, nell’estate dell’88, trovare una sistemazione alternativa era una necessità, nonostante il contratto con i viola non fosse ancora scaduto. L’occasione si presentò quando l’Inter dovette rinunciare all’acquisto di Rabah Madjer, il tacco di Allah, a causa dei problemi riscontrati durante le visite mediche. In attacco, a dare complemento ad Aldo Serena, Giovanni Trapattoni volle lui, il centravanti della nazionale argentina che nel 1979 aveva conquistato il mondiale Under 20 facendo faville con Diego Maradona. Un partner perfetto sia per il lungagnone di Montebelluna, abile coi colpi di testa e il gioco di sponda, che per lo straripante Lothar Matthaus, incontenibile numero dieci di quella che passò alla storia come l’Inter dei record. Diaz facilitava il gioco di Serena con assist frutto di una tecnica di base raffinata. La stessa classe che originava fraseggi pungenti e giocate in velocità per le letali percussioni del tedesco. Agilità e grinta gli consentivano di essere spesso imprendibile a ridosso della porta avversaria, verso la quale sapeva scegliere i tempi giusti per avvicinarsi o andar via in punta di scarpini, che amava allacciare con le stringhe intorno alle caviglie secondo il vezzo di molti sudamericani dell’epoca. Di quell’Inter dei record fu titolare fisso e secondo cannoniere dietro l’irresistibile Serena.


L’ULTIMO GOL - L’ultimo gol di quella stagione lo fece nell’ultima giornata di campionato proprio alla Fiorentina, volata a San Siro alla ricerca di punti che le consentissero di qualificarsi alla Coppa Uefa della stagione successiva. Fu implacabile come aveva promesso di essere: meglio che siano già qualificati quando vengono a Milano, aveva lasciato intendere. Un suo gol, una staffilata sotto la traversa, sbloccò il risultato e apri le celebrazioni del tredicesimo scudetto nerazzurro, condannando la Fiorentina del Conte Pontello e di Eriksson a un supplemento di sofferenza, lo spareggio con la Roma per aggiudicarsi l’ultimo posto UEFA, da inserire in un canto del Purgatorio.                   


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