Azzurri, antieroi dei due mondi

Azzurri, antieroi dei due mondi© Getty Images
Giancarlo Dotto
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Il genio del paradosso ha preso possesso della maglia azzurra e non la molla più. Un giochino sadico, il suo. La “Finalissima” di stasera nel tempio di Wembley, davanti a 86mila spettatori, il suo capolavoro, dopo di che potrà appendere le sue stramberie al chiodo. Si chiama “Cup of Champions”, l’ultima diavoleria. Una sorta di Supercoppa tra nazionali che fa il verso a quella dei club. Trattasi, in realtà, della riedizione trent’anni dopo di una dimenticabile e infatti dimenticata Coppa dei campioni per Nazionali. Gli avidoni incontinenti del calcio devono avere una polpetta sempre nuova da mettere sotto i denti.
Sta di fatto che potrebbe succedere questo e, forse, succederà: battendo l’Argentina di Messi, vincitrice della Coppa America, l’Italia di Chiellini, campione d’Europa, diventerebbe ufficialmente, se non la numero uno al mondo, quanto meno l’eroina dei due mondi, sulle tracce di Garibaldi. Un titolo allucinatorio, una corona immaginaria, dal momento che sarebbe la nazione più forte al mondo, senza avere un mondo. Esclusa dal gran ballo di corte. L’unico che conta.
Da qui a pochi mesi, i nostri campioni vedranno i mondiali da casa, coperti di stracci e di rimpianti. A leccarsi ferite insanabili. Paradosso malvagio che, per quanto improbabile, ha precedenti solo fiabeschi. Nella fanciulla il cui destino oscilla nel giro di poche ore tra la cenerentola e la principessa, tra miserabili zucche e carrozze alate, avendo perso in questo caso lo scarpino nel rigore che conta.
Al di là del paradosso, un feroce shock identitario. Un ottovolante continuo. Siamo una squadra di campioni o di schiappe? Cosa vede l’amletico Roberto Mancini allo specchio palpeggiando il teschio di se stesso? Vede di sicuro uno che passerà alla Storia. Ma per quale impresa? Il napoleonico condottiero che ha sgominato l’Europa di Kane, Foden, Pedri e Busquets e forse l’Argentina di Messi o l’asino preso a calci dai macedoni, da Trajkovski, una riserva del Palermo, consegnandoci a una frustrazione che, in quanto replicata, pesa il doppio? Tonnellate. Incluso il rischio di farci pericolosamente l’abitudine.
Inutile trastullarsi con troppe domande. Il calcio si è preso la briga di usare la nostra Nazionale per confermare una volta di più la sua appartenenza per metà al genio del piede e l’altra metà a quella del caso. Questione di sfumature. Un rigore dentro, un millimetro in meno di fuorigioco e la storia azzurra poteva essere rovesciata, un fallimento agli Europei e brillantissimi qualificati in Qatar.
Tutto questo per dire cosa? Andiamoci piano quando parliamo e scriviamo di calcio. Il più illuminato degli esegeti del pallone può vantare centinaia di cazzate nel suo sputificio di sentenze. Batteremo Messi? Facciamo festa a Wembley Park, incartiamo il mondo, portiamolo a casa, diamolo in pasto ai pesci e ridiamoci su. Magari, avremo per una volta anche il tifo degli inglesi, visto che, proprio oggi, è il 40° anniversario della guerra delle Falklands.


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