Italia, ripartiamo dai giocatori

Italia, ripartiamo dai giocatori© Getty Images
Ivan Zazzaroni
4 min

La tattica, gli schemi, i concetti, le filosofie, i copioni, gli spartiti, il covercianese adanitico, le diagonali, le transizioni, gli orientamenti positivi e quelli negativi, i quarti e i quinti, gli intermedi, le sottopunte.
E il giocatore?, e la tecnica?, e i livelli? Perché un calciatore costa un milione e un altro un miliardo (Mbappé)? Perché Belotti o Scamacca non segna come Lautaro? Perché Messi a 35 anni te la nasconde e per ritrovarla devi ricorrere all’avvocato? Perché mercoledì la dieci azzurra era sulle spalle di un “temporaneamente senza squadra”, Bernardeschi (mai accaduto in passato) che dopo 45 minuti è stato sostituito? E perché Dybala, altro di(s)messo che fino a pochi giorni prima aveva giocato insieme al 10 italiano, è entrato al novantesimo e in due minuti ha segnato un gol fantastico?
Nel calcio, come nella vita, esistono le categorie, i livelli, i valori, le carature. In una parola, la differenza di spessore che in alcuni casi genera avvilimenti.

Vedi mercoledì. La sconfitta con l’Argentina non deve essere derubricata a incidente di fine ciclo o fine stagione: è una batosta che può segnare il punto di non ritorno, se non abbandoniamo le chiacchiere per passare ai fatti. A forza di importare stranieri, trascurando i nostri giovani, e guardare alla tattica prima che all’interprete, ci ritroviamo sorprendentemente campioni d’Europa ma assai meno sorprendentemente fuori per la seconda volta di fila dal Mondiale.
Abbiamo allenatori preparatissimi anche perché costretti ad arrangiarsi con le idee. Per questo, quando vanno all’estero a guidare quelli “buoni”, vincono ripetutamente. Ho sempre pensato, anche in tempi non sospetti, che Guardiola sia bravissimo ma che senza i dribbling e le superiorità procurate da Messi il suo tiki-taka sarebbe risultato molto meno efficace: e comunque lui aveva anche Xavi, Iniesta, Pujol, Piqué, allenatori in campo. E non ho intenzione di riprendere discorsi antipatici su Sacchi al Milan, quel popo’ di Milan, perché stimo Arrigo e trovo che abbia introdotto nel calcio la disciplina e il senso del lavoro.
In questa nostra tristissima fase è necessario tornare al giocatore, sopportando altre sconfitte, altri sacrifici, pur di recuperare il terreno perduto attraverso una lucida pianificazione.
Ripartiamo dalle basi, dunque. Vietiamo l’abuso della tattica agli istruttori delle giovanili. Istruttori che devono pensare al futuro dei ragazzi, prima che al loro. Servirebbe la separazione delle carriere, come in magistratura: chi si occupa del futuro del calcio italiano solo a questo deve pensare, a preparare bravi calciatori.
Ogni tanto mostriamo ai nostri baby i video di Modric, Kroos e Benzema pressati da quelli del Liverpool nella finale di Parigi, la precisione dei loro passaggi, il ritmo imposto dalla circolazione della palla, lo stop di Karim prima del gol annullato. Tecnica, tecnica, tecnica. Ripartiamo dalle radici per poi aggiungervi gli elementi dell’evoluzione. Per sviluppare al meglio le idee dell’allenatore servono giocatori in grado di capirle e semplificarle. E la semplificazione è una qualità dei migliori, di chi il pallone lo tratta con naturalezza. L’istinto e il talento peraltro si educano. 
Il futuro e la stabilità si costruiscono in casa, soprattutto quando, come ora, non si hanno più le risorse per puntare ai pezzi pregiati del mercato, che sono sempre meno e sempre più cari.  
Da troppo tempo noi giornalisti ci nutriamo di iperboli, sopravvalutazioni, facili entusiasmi: bastano quattro gol per elevare l’esordiente a fuoriclasse. Poi il nostro “prodotto” si confronta con quelli degli altri, mostrandosi per quel che in realtà è, e disinvoltamente lo abbattiamo. E pratichiamo la “miopia”: non ci accorgiamo, ad esempio, del fatto che i nostri migliori giovani attaccanti, Scamacca e Raspadori, hanno soltanto due o tre anni meno di Lautaro.

PS. Oggi Francesco De Core, fino a metà maggio vicedirettore di questo giornale, assume la direzione de Il Mattino, storico quotidiano di Napoli. Francesco ha lasciato bei ricordi e un vuoto: gli auguro (gli auguriamo) di ottenere tutte le soddisfazioni che insegue.


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