Italia, non siamo ultimi

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Alberto Polverosi
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La prima cosa da capire è la gravità del momento. Non possiamo restare fuori anche dagli Europei. Impossibilissimo, direbbe Matarrese. Vero, lo dicevamo anche prima del Mondiale in Qatar e sappiamo come è finita. Ma non battere l’Ucraina avrebbe la stessa forza di un uragano, un altro uragano, che si abbatte sul calcio italiano e lo sfascia definitivamente. Conoscendo Spalletti, e non da ora, ma dai tempi dei tempi, da quando aveva ancora un ciuffo che gli calava sulla fronte, possiamo scommettere che questo rischio, il rischio della superficialità, sarà evitato al cento per cento. Anzi. Dopo il pareggio in Macedonia questo giornale ha fatto un titolo che rispecchia la realtà attuale del nostro calcio, il calcio della Nazionale che ancora oggi molti confondono, sbagliando prospettiva, con il calcio dei club. Sono due storie diverse. Il titolo era: “Questi siamo”. Sì, siamo questi, siamo una squadra che se incontra l’Inghilterra, la Spagna, la Francia e la Germania probabilmente perde otto volte su dieci. Ma con la Macedonia no, con l’Ucraina nemmeno. Non possiamo dire “questi siamo” perché non è così. Noi, tutti noi, tutti quelli che amano la Nazionale, devono chiedere di più, devono pretendere di più.

Italia, tutti devono dare di più

Da Donnarumma, portiere titolare di una delle squadre più ricche del mondo: un altro gol preso in quella maniera non esiste. Da Di Lorenzo, capitano della squadra campione d’Italia: ha un carattere di ferro e l’ha lasciato sotto il Vesuvio perché a Skopje sembrava un ragazzino timoroso. Da Barella, inserito nella prestigiosa lista dei trenta candidati al Pallone d’Oro: in Macedonia il suo pallone sembrava di piombo, altro che oro. Da Tonali, valutato 80 milioni da uno dei club più spendaccioni del mondo: già nel Milan era un altro rispetto a sabato scorso. Da Cristante, incapace di liberarsi una sola volta dalla marcatura di Bardhi. Da Immobile che, gol a parte, non è stato in grado di liberarsi al tiro con un briciolo di pericolo. Da tutta la squadra, dal pensiero di essere squadra: si può sbagliare partita, ma giocando con carattere e personalità, come peraltro questa Nazionale aveva saputo fare prima di Euro 2020/21 e durante lo stesso Europeo, non dopo e non in Macedonia. E infine da Spalletti, che non ha la bacchetta magica come giustamente sottolineato, ma che va considerato fra i primi 10 allenatori d’Europa: uno del suo livello, quando incontra un avversario che fisicamente sta mangiando le orecchie alla sua squadra, non può chiudere la partita con Gnonto e Raspadori in attacco se bisogna fare un gol. In quella situazione rischiano di sparire e infatti sono spariti.

Italia, serve forza e coraggio

Lo stesso ct, già negli spogliatoi di Skopje, parlando agli azzurri ha insistito sulla forza della squadra, sulle qualità che esistono (ed è vero, esistono), sul ruolo di riferimento dell’Italia nel calcio europeo (ed è vero anche questo, se escludiamo le big). Oggi è il giorno in cui tutto questo va portato e mostrato sul campo. Con forza, con coraggio, con decisione. Se andrà male anche con l’Ucraina, molti azzurri legheranno i propri nomi al doppio fallimento più clamoroso del calcio italiano. Lo saranno per tutta la vita. Non è quello che vogliono, non è quello che vogliamo. Sveglia, ragazzi.


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