ROMA - Era il 24 agosto 2011. Nicola Legrottaglie, fresco campione d’Italia con il Milan, si lega al Catania con un biennale. Tre anni dopo, estate 2014, l’avventura con la squadra etnea termina, così come la carriera da calciatore di Nicola. In quei tre anni c’è un mondo di esperienze. Di vita e di carriera. Un legame che non potrà mai essere spezzato. Domenica Nicola, ora tecnico dell’Akragas, torna al Massimino. In questi casi la frase più gettonata è “questa è una partita speciale”. E’ così, o forse anche qualcosa in più. E’ attesa e nostalgia, sorrisi, curiosità e, magari, un pizzico di inquietudine. «Catania è stata una tappa importante della mia carriera – sottolinea con orgoglio Legrottaglie – Dopo la vittoria del titolo mi sono calato in una realtà più piccola. Mi sono tolto soddisfazioni personali, segnando molto per un difensore, e di squadra, centrando risultati storici per il Catania. Posso dire che la mia fu una scelta oculata».
Con la maglia rossazzurra fece un esordio boom. Prima partita in campo, subito gol contro il Novara.
«Ho ricordi incredibili di quella partita. Venivo da un infortunio e non ero proprio pronto per giocare. Però i difensori erano tutti infortunati. Mi ricordo la chiamata di Lo Monaco il giorno prima. Mi disse: “Non mi interessa: così come stai, giochi. Ero distrutto, la notte non ho dormito per i dolori al piede. E stato un miracolo riuscire a scendere in campo. Poi è andato tutto bene. Questo è uno di quei ricordi che segnano la vita di un calciatore».
Al Catania come allenatori ha avuto Montella, Maran, De Canio e Pellegrino. Un giudizio su ognuno di loro
«Ho capito immediatamente che Montella era un predestinato, si vedeva. Maran è un ottimo tecnico, ero sicuro che avrebbe fatto carriera in serie A. Pellegrino era giovane, ha avuto in mano qualcosa di importante e ha dato il suo. De Canio è venuto quando la situazione era particolare, c’erano dinamiche non belle nello spogliatoio e anche nell’ambiente, visto che non vincevamo. Per lui non è stato facile lavorare in queste condizioni».
Chi è il giocatore più forte con cui ha giocato a Catania?
«I bravi giocatori erano tanti. Ricordo la qualità incredibile di Barrientos, l’imprevedibilità di Castro, la leadership di Bergessio. E poi Lodi, Almiron... Con questi giocatori abbiamo fatto un grande campionato».
Stagione 2012-2013: la squadra fu a lungo in lotta per la qualificazione in Europa League.
«Per la qualità del nostro gioco meritavamo il posto in Europa. Però non eravamo ancora pronti per rimanere lì. Succede sempre così: quando non sei pronto arrivi vicino al traguardo e poi non c’è il passo giusto. Quello era il massimo che potevamo raggiungere. Comunque l’ottavo posto, davanti ad una big come l’Inter, fu un risultato storico per il club».
L’anno successivo, improvvisamente, tutto va storto. Arriva la retrocessione in serie B. Come è potuto accadere?
«Ce lo siamo chiesto anche noi durante l’anno. Ci sono alcune dinamiche, alcune scelte, che possono portare ad un disastro del genere. Anche un giocatore, oppure due giocatori sbagliati al posto sbagliato, che possono decidere le sorti di un gruppo. Eravamo uno spogliatoio solido, non me l’aspettavo. Però cose del genere possono succedere quando qualcuno rincorre obiettivi personali mentre altri obiettivi di squadra. Secondo me questa fu una delle cause della retrocessione».
La delusione per la serie B è stata una delle cause che l’hanno portata al ritiro dal calcio giocato?
«No, avevo già preso la decisione di smettere, più o meno a febbraio. Ho avuto la conferma alla fine della stagione: non ho avuto offerte. A quel punto ho capito che era finita. E’ stato il momento giusto».
Quando ha deciso di fare l’allenatore?
«Già durante l’ultimo anno da calciatore ho cominciato ad avere il desiderio di allenare, ho anche preso il primo patentino, poi subito dopo sono stato spinto anche dai miei compagni, mi dicevano che ero perfetto per farlo. E se te lo dicono pure gli altri...».
Questa estate il Catania è finito nella bufera. Se l’aspettava?
«Non mi ha stupito, il mondo va così, basta accendere i telegiornali. C’è del male nella società di oggi. C’è sempre qualcuno che vuole fregare un altro nella vita, nel calcio e in altri settori. Mi ha ferito tutto questo, perché riguardava il Catania. Però nello stesso tempo so che dai problemi può venire fuori qualcosa di grande. La gente si pente e si ricomincia daccapo. Loro hanno iniziato un percorso fatto di serietà. Spero possano tornare ai loro livelli».
A proposito di ex Catania. Almiron è stato suo compagno di squadra nella Juve e in rossazzurro. Ora lo allena all’Akragas. Come l’ha convinto a sposare il progetto?
«Gliel’ho semplicemente chiesto: “Ti va di venire a finire la carriera qui?”. Dopo un mesetto mi ha detto di sì. Siamo contentissimi. Purtroppo sta lottando con qualche malanno di troppo. Per questo non sta facendo il campionato che aspettavamo, ma fra un po’ tornerà e ci darà una spinta importante».
Come se lo immagina il ritorno al Massimino?
«Ho sempre avuto un buon rapporto con i tifosi: amo la città e i catanesi, ho lasciato lì un pezzo di cuore. Non so come mi accoglieranno, sarà una sorpresa. Se mi accolgono bene sarà bello salutarli, visto che non l’ho potuto fare da calciatore. Se mi accolgono male non fa niente, io li benedirò sempre, ne parlerò sempre bene».
Per l’Akragas sarà una partita difficile, contro una big del campionato. Quali sono le armi a disposizione per vincere?
«Possiamo prendere i tre punti solo con la determinazione, non possiamo prescindere da questo aspetto. Abbiamo le qualità per farlo. Sono i più forti del girone e saranno sostenuti almeno da diecimila persone, però dai miei non mi aspetto sudditanza, ma voglia di far vedere chi siamo».
E poi la squadra sembra andare meglio fuori casa...
«Sì, in trasferta abbiamo un rendimento migliore, dobbiamo trovare un equilibrio. Però credo che con la partita di Coppa contro il Catania qualcosa si sia sbloccato. Sono sicuro che sarà un grande Akragas anche in casa. Comunque alla fine l’importante è il punteggio finale, noi guardiamo solo a quello».
Sarà anche la sfida tra Legrottaglie e Pancaro.
«E’ un allenatore emergente, è molto bravo. Stanno giocando bene, nonostante le difficoltà che hanno avuto, come la penalizzazione. Sarebbero secondi in classifica senza. Gli faccio i complimenti. Tra l’altro lo conosco, è una persona seria. Mi piace il suo stile».