Morte Maradona: posticipati gli interrogatori degli indagati

Erano previsti per oggi ma a causa della nuova ondata di Covid-19 in Argentina inizieranno il 14 giugno. I sette indagati comunque non possono lasciare il Paese. C'è il calendario fissato dai magistrati: si partirà con Almiron, poi il teste-chiave Dahiana Madrid. Per ultimi Cosachov e Luque
Morte Maradona: posticipati gli interrogatori degli indagati© ansa
di Biagio Angrisani
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ROMA - La nuova ondata di diffusione del Covid-19 blocca l’Argentina. Negli ultimi due giorni sono stati registrati oltre cinquantamila nuovi casi e quasi ottocento morti facendo salire il numero complessivo dei decessi nel Paese sudamericano a quasi settantottomila vittime dall’inizio della pandemia. Nell’emisfero australe siamo agli inizi dell’inverno e la stagionalità ha un’incidenza notevole sul moltiplicarsi dei casi legati al Coronavirus.

TUTTO FERMO - In Argentina non sono state vietate soltanto le gare di Copa America in programma, ma tutta la vita nel Paese ha subito una nuova brusca frenata.

POSTICIPATI GLI INTERROGATORI - Oggi era previsto l’inizio degli interrogatori dei sette indagati per la morte di Diego Armando Maradona, ma è stato tutto rinviato al 14 giugno per il nuovo allarme Covid-19. Negli uffici della Fiscalía General di San Isidro (la locale Procura della Repubblica) il procuratore generale John Broyard con gli aggiunti Cosme Irribarren e Patricio Ferrari e il pm Laura Capra avevano già stilato il calendario degli interrogatori dei sette indagati, ma è stato tutto rinviato e sono state aggiunge nuove date accanto ai nomi del neurochirurgo Leopoldo Luque, della psichiatra Agustina Cosachov, dello psicologo Carlos “Charly” Diaz, degli infermieri Dahiana Madrid e Ricardo Almiron, del coordinatore sanitario Mariano Perroni e del medico Nancy Forlini.

UNO PER UNO - Per tutti l’accusa è omicidio con eventuale dolo, reato grave con pene che possono variare dagli otto ai venticinque anni, più condanne accessorie essendo i sette indagati professionisti nel campo medico-sanitario. Per Luque e Cosachov al momento ci sono anche altri due reati aggiuntivi dei quali rispondere. Le difese degli imputati avranno così altre due settimane di tempo per “raccogliere le idee” sulle ultime settimane di vita di Diego Maradona deceduto il 25 novembre 2020 quando da poco aveva compiuto 60 anni. 

A PIEDE LIBERO MA SENZA PASSAPORTI - I sette indagati hanno ottenuto da Orlando Abel Díaz, giudice di garanzia del Dipartimento di San Isidro, di poter circolare liberamente ma non possono lasciare l’Argentina avendo la Procura della Repubblica richiesto l’esplicito blocco dei passaporti.

CALENDARIO DEGLI INTERROGATORI - Si partirà dunque dal giorno 14 giugno, salvo ulteriori modifiche. Il primo a essere interrogato sarà Ricardo Almiron, 37 anni, infermiere, presente nell’ultima dimora di Maradona nel barrio di San Andrés nella periferia nord di Buenos Aires. Poi toccherà a Dahiana Gisela Madrid, 36 anni, infermiera. La signora Madrid è un testimone-chiave. Ha già ritrattato la sua prima versione fornita alla polizia. Il suo avvocato Rodolfo Baqué, nei mesi scorsi, ha fornito molti dettagli importanti: «Maradona è caduto una settimana prima del decesso e ha preso una forte botta alla testa, peccato che non abbiano pensato di fargli una risonanza magnetica o una tomografia. Niente di niente. Ma hanno solo pensato a curare la dipendenza dall’alcol, dimenticandosi di avere a che fare con un paziente cardiopatico che invece avrebbe avuto bisogno di assistenza da parte di personale medico specializzato. Prima del decesso Diego era rintanato a casa senza nemmeno vedere la tv, aveva 109 pulsazioni al minuto. Nessuno ha preso nota degli avvertimenti che stava dando il cuore di Maradona. Sarebbe potuto andare nella clinica più lussuosa al mondo e invece si trovava lì, in un luogo non adatto alle sue esigenze. Se non fosse rimasto lì probabilmente non sarebbe morto». Il legale della Madrid ha detto che la sua assistita ha visto il Diego una sola volta, il venerdì antecedente la morte. Il rapporto tra l’infermiera e Diego non era idillico tanto che il Pibe l’avrebbe licenziata ma lei era rimasta in servizio per volere dei familiari del Pibe. La Madrid era rimasta in servizio, ma senza più visitarlo. L'avvocato ha precisato: «Non gli ha neanche mai potuto prendere la pressione. Le uniche cose che faceva era passare gli psicofarmaci all’assistente di Maradona: lei rimaneva sulla porta della stanza di Diego a controllare». Dopo la Madrid, sarà interrogato Carlos Diaz, detto “Charly”, 29 anni, psicologo. Un personaggio più volte citato nei messaggini WhatsApp di Leopoldo Luque secondo il quale aveva un atteggiamento molto disinvolto a casa di Diego. Lo psicologo Diaz è difeso dagli avvocati Vilma Paola Carluccio y Diego María Olmedo. Successivamente a Diaz, toccherà a Nancy Forlini, 52 anni, medico coordinatore dell’assistenza domiciliaria di Maradona rispondere alle domande dei magistrati. E dopo sarà la volta di Mariano Perroni, 40 anni, coordinatore dello staff degli infermieri che assistevano il Pibe nella casa di San Andres. Nell’ultima settimana di giugno ci saranno gli interrogatori della psichiatra Agustina Cosachov, 35 anni, che oltre al reato di omicidio con eventuale dolo deve rispondere anche del reato di falso ideologico, e di Leopoldo Luque, 39 anni, neurochirurgo e personaggio chiave della vicenda avendo svolto anche il ruolo di medico “curante” di Diego Armando Maradona negli ultimi mesi di vita nonché presente nell’equipe che aveva operato "el Diez" per l’asportazione di un ematoma dal cranio. Luque, indagato anche per documentazione falsa, nel corso del tempo si è lasciando andare a commenti volgari e triviali nei confronti dello stesso Maradona e dei suoi familiari. Nelle ultime settimane ha chiesto scusa, ma agli occhi dell’opinione pubblica ha un carico pesante difficile da smaltire al di là dell’eventuale verità processuale che emergerà.

“INADECUADO, DEFICIENTE Y TEMERARIO” -  Il procuratore generale John Broyard, gli aggiunti Cosme Irribarren e Patricio Ferrari e il pm Laura Capra hanno in mano anche la relazione (70 pagine) della Giunta medica che ha analizzato gli ultimi mesi di vita di Diego Maradona facendo anche un ampio excursus sulle cartelle mediche della vita del Pibe. La relazione è un “J’accuse” nei confronti soprattutto di Luque e della Cosachov definendo, in estrema sintesi, il trattamento effettuato nell’ultima degenza domiciliaria di Maradona, «inadeguato, inefficiente e temerario». Diego per i medici della Giunta era un paziente non capace di intendere e volere e andava ricoverato in forma coatta in una struttura idonea mentre veniva assistito poco e male in una casa senza nessun dispositivo di pronto intervento e con un menù giornaliero (calamari all’aglio, pizzette, acqua gassata, vino, birre… etc. etc) poco adatto a un convalescente sovrappeso e con un cuore in disordine. Gli avvocati di Luque e Cosachov hanno già chiesto a Orlando Abel Díaz, giudice di garanzia del Dipartimento di San Isidro, una nuova Giunta medica definendo la precedente "non imparziale". 


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