La Cina e il suo Pelé sono spariti

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La Cina e il suo Pelé sono spariti
Italo Cucci
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Nelle ore trionfali della Ricchezza, della Potenza e dell’Esotismo esaltati dal Qatar nessuno - credo - ha fatto un pensiero ai grandi assenti: non dico ai russi, castigati, ma ai cinesi. Falliti. L’Europa è al gran completo - esclusa l’Italia, in castigo a modo suo - ci sono, fra i potenti, Stati Uniti e Brasile, la Cina neanche rammentata. Eppure, se c’è un Paese che ha investito miliardi nel calcio e nella sua quasi ignota cultura, allestendo un campionato mirabolante con i più grandi panchinari (dico per tutti Lippi e Capello, l’espertissimo e il pentito) e decine di campioni più o meno pensionati ma ancor validi, è proprio la Cina, presente fin in Italia con l’Inter che ha sempre affascinato il Mondo di Mao. È sparita tecnicamente, economicamente e fisicamente, forse punita da Xi Jinping - il Grande Appassionato che voleva gloria e potere anche dal pallone - improvvisamente votato all’austerità.

Ho vissuto fin dai primi vagiti il neonato calcio cinese, viaggiando nel 1981 fra Pechino, Shanghai e Canton, rispondendo all’invito del leader calcistico di quel tempo, il signor Cheng Chenda, sollecitato dal Leader Massimo, Den Xiaoping, primo presidente dopo la Rivoluzione Culturale vagamente liberale e appassionato del football già presente a Hong Kong e nei venti milioni di televisori improvvisamente comparsi. Volevano esser presenti a Spagna ’ 82, furono cacciati nelle qualificazioni dalla Nuova Zelanda. Il resto è storia, con il capitolo mondiale di Corea-Giappone 2002, quando feci visita al vecchio amico Bora Milutinovic, nell’isola di Jeju, protetto da soldati e generali, all’esordio Mondiale: lo rovinò il Costa Rica (m’è tornata in mente la nostra cacciata da Brasile 2014).

Oggi la Cina mi induce a recuperare una storia particolare che si lega anche al particolare caso di Cristiano Ronaldo, a mia memoria (se sbaglio gli statistici mi correggeranno) il primo giocatore che partecipa a un Mondiale senza avere una squadra. A Shanghai chiesi notizie di tale Rong Zhihang, detto “il Pelé della Cina” perché in una partita fra la sua nazionale e il Cosmos aveva fatto un tunnel a O’ Rey che gli aveva regalato la sua maglia (episodio già successo - e visto in diretta - a Toronto, nel ’ 71, Bologna-Santos, Pelé che insegue Pasqualini per regalargli la sua maglia perché Mauro gli aveva fatto un tunnel). Dunque Rong Zihang dopo quel fatto - e dopo un bellissimo gol in rovesciata allo Zaire - era diventato famosissimo, un Dio, e la Federazione aveva deciso di “ritirarlo” dal Guandlong e tenerlo a disposizione solo per la nazionale. Una fesseria, naturalmente. E infatti quando chiesi di incontrarlo mi dissero che era difficile, quasi impossibile, era troppo impegnato, forse anche troppo ricco. Come Ronaldo, appunto.


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