Ancelotti esclusivo: “Il Mondiale, Ronaldo, Mourinho e... Vi dico tutto”

Carlo il Vincente analizza la coppa del mondo alla quale ha dato tredici giocatori meno uno («Karim»). E poi affronta tanti altri temi
Ancelotti esclusivo: “Il Mondiale, Ronaldo, Mourinho e... Vi dico tutto”© Getty Images
Ivan Zazzaroni
8 min

«Se sono cambiato? Certo che sono cambiato. Sono più elastico. Fino a poco tempo fa era difficilissimo che rivedessi sistema di gioco e strategia durante la partita. L’aumento delle informazioni, degli interscambi, dell’organizzazione degli avversari mi ha spinto a questo. Anche i giocatori si sono evoluti, sanno coprire più ruoli e zone del campo. Sono più duttili e se gli chiedi qualcosa di diverso sai già che non li metterai in difficoltà. Tempo fa lessi un’intervista a Viggo Mortensen: “La cosa migliore per un attore - disse - è essere flessibile, perché ogni regista è diverso e ogni ruolo è diverso”. Trovo che sia perfettamente adattabile a chi fa calcio. È finita l’epoca degli integralismi. Nei novanta io posso difendere a 3, passare al 4-4-2, al 4-5-1. L’avversario e l’andamento della partita non si possono trascurare».  

Carlo Ancelotti ha la straordinaria capacità (tutta naturale) di risultare sempre adeguato all’insidioso tesoro che gli tocca in sorte. L’ha confermato anche al Real e a questo Mondiale ha dato tredici giocatori meno uno. «Ne sono rimasti sei» ricorda prima di presentarmi la lista completa: «Tre brasiliani, Vini, Militao e Rodrygo; tre francesi, Tchouameni, Camavinga e Karim, che si è fatto subito male; due belgi, Courtois e Hazard, e poi Valverde, Asensio, Carvajal, Modric e Rudiger. Sono ancora in corsa i brasiliani, i francesi e Modric».

Toglimi una curiosità: come giudichi il trattamento che Fernando Santos ha riservato a Ronaldo con la Svizzera?  
«Il Portogallo non l’ho visto, ero a mangiare la pizza con i nipoti».  
 
Cominciamo bene.  
«Che male c’è? Tutte le altre non me le sono perse. Cos’è successo?».  

Dài, che lo sai. L’ha messo dentro a venti dalla fine sul 5 a 1 e dopo che il suo sostituto ne aveva fatti tre.  
«Eh…».  

Tutto qui?  
«Che ce voi fa’? Nel calcio tutto è possibile».  

Anche veder uscire la Spagna agli ottavi col Marocco.  
«Qui a Madrid c’è grande delusione, le aspettative erano altre, anche se la squadra è giovane. Luis Enrique non se la passa bene: riceveva attacchi durissimi prima della partita, figurati ora». 

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Non mi sembra un gran Mondiale. Sono convinto che di Qatar 2022 resterà poco o nulla.  
«Qualche individualità si è distinta, tutta gente conosciuta: Mbappé, Richarlison, Vinicius, Bellingham, Julian Alvarez, Guido Rodriguez e Bounou, il portiere del Marocco che l’anno scorso a Siviglia ha fatto benissimo». 

Richarlison l’hai allenato per un anno all’Everton: è un campione o una pippa, per dirla alla Cassano?  
«Una via di mezzo, no? È un attaccante moderno, completo, non fino con i piedi, ma ha un tempo fantastico in area ed è molto coordinato. Non è un gigante, ma di testa è forte. Non è il tipico attaccante brasiliano, ma lo metto tra i migliori in circolazione. Siamo in una fase di transizione, in particolare per gli attaccanti. Stanno finendo Ibra e Ronaldo, Suarez, Cavani, Messi e Benzema hanno 35 anni, Lewandowski li farà l’anno prossimo. Il nuovo è rappresentato da Mbappé, Richarlison, Haaland, Julian Alvarez e Darwin Nuñez. Gonçalo Ramos non lo conoscevo».  

Per Cristiano si parla di last dance.  
«Non lo so, lui probabilmente si sente ancora vent’anni perché sta bene, dal corpo ha le risposte che cerca. Ha sempre curato il fisico in modo quasi parossistico. La concorrenza però si è fatta dura, nel Portogallo uno come Leao parte dalla panchina».

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Gestirlo è così complicato?  
«L’ho avuto due anni, problemi zero. Anzi, me li ha risolti lui. Uno che segna almeno un gol a partita può essere considerato un problema? Cristiano si allena benissimo, è attento ai particolari, per me è stato fin troppo facile gestirlo. È un giocatore eccezionale». 

Lo accusano da sempre di pensare troppo a se stesso e poco alla squadra.  
«Con me avrà giocato cento partite e segnato più di cento gol, uno che ne butta dentro 50 ogni anno fa il bene della squadra. Ma vuoi parlare di Ronaldo o del Mondiale?». 

Ronaldo è il Mondiale, è ancora nel Mondiale... D’accordo, torno al tema di partenza: anche grazie a te il Real e il Brasile hanno un Vinicius diverso, spesso devastante.  
«Oggi Vini è molto più sicuro di sé, più convinto e la squadra lo sente e cerca. Lui e Mbappé hanno una caratteristica fuori dal comune. Chi li vede dal vivo fatica a credere che un calciatore possa avere quella esplosività e quella velocità di base». 

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Benzema come sta?
Sorride. «Rientra sabato. Lo mettiamo a posto». 

Mi sembra di capire che il tuo favorito sia il Brasile.  
«È la squadra più completa, ha qualità, freschezza, esperienza e l’esperienza in situazioni come questa conta tantissimo. Ma sono curioso di vedere l’Inghilterra con la Francia. Il limite degli inglesi resta la mentalità... In questo Mondiale non ci sono state novità, poche anche le sorprese». 

Il tikitaka 3.0 ha mostrato limiti imbarazzanti: contro il Marocco la Spagna ha fatto un numero impressionante di passaggi, mille e cinquanta, e pochissime conclusioni. 
«Io non mi vergogno di abbassarmi e ripartire, pur disponendo di giocatori di notevole qualità. Con gente come Vinicius e Mbappé, poi, se una volta rubata palla non cerchi la verticalizazione sei un delinquente». E ride. 

Difesa e contropiede non sono il passato? 
«Sono attualissimi. Contano le interpretazioni, gli adattamenti, i tempi di esecuzione. Come ha detto il più grande di tutti noi, Mourinho: ho vinto tante partite in questo modo».

Maradona o Messi?  
«Che domanda mi fai?».

Da bar.  
«Contro Diego ho giocato, e anche per affetto dico Maradona».

La tua sulla Juve, un caso che potrebbe avere ripercussioni anche in campo internazionale.  
«Non so nulla, non ho letto».

La solita pizza con i nipoti?  
«È la compagnia che preferisco: l’ingenuità dei bambini è un vaccino efficacissimo contro i veleni, le tensioni e alcune domande». 


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