Tra Messi e Mbappé la variante africana

AI Mondiali in Qatar due semifinali imprevedibili: Argentina e Croazia più avanti, la Francia non ha ancora espresso tutto il potenziale mentre il solido Marocco ha incassato un solo gol incassato in tutto il torneo. Le due finaliste di Russia 2018 ancora in corsa: possibile remake
Tra Messi e Mbappé la variante africana
Xavier Jacobelli
7 min

Comunque vada a finire, le semifinali hanno già stabilito che questo sia un Mondiale già consegnato alla storia. È la prima volta che una squadra africana e una nazione araba entra fra le prime quattro al mondo dove, per la seconda volta consecutiva, figura la Croazia, vicecampione uscente. È la quarta volta che l’Argentina supera i quarti: nelle tre precedenti occasioni è arrivata sempre in finale (1986, 1990, 2014). È la prima volta che la Francia entra in semifinale per due edizioni in fila e questa è la settima complessiva. Che lo spettacolo continui: ci aspetta un gran finale.

Croazia 9

Per la terza volta nella sua storia (1998, 2018, 2022) è in semifinale la Croazia, Paese che conta 4 milioni di abitanti e un’impressionante densità di talenti sportivi. Dopo il secondo posto in Russia, Zlatko Dalic, ct in carica dal 7 ottobre 2017, ha firmato un altro capolavoro, facendo fuori addirittura il Brasile che, da sedici anni a questa parte, viene sistematicamente eliminato da un’europea. La Croazia ha un portiere con sei mani, come l’ha coloritamente esaltato il web, a nome Dominik Livakovic; un fortissimo centrale di vent’anni, Jovsko Gvardiol, scuola Dinamo Zagabria, speciailzzazione Red Bull Lipsia, prossima laurea Real o Chelsea; il fosforo interista di Marcelo Brozovic e le accelerazioni dell’ex interista Perisic. Su tutti, sopra tutto, la classe immensa di Luka Modric, a 37 anni fenomenale leader di un gruppo che se lo gode tutto, cervello della Croazia, rigorista senza battere ciglio nella bolgia brasileira, simbolo della grandezza di una squadra vera. Così tatticamente bene organizzata da punire la presunzione del Brasile, convinto che il sesto mondiale sarebbe stato indubitabilmente suo. Una sicumera castigata anche da Bruno Petkovic, ex Catania, Varese, Reggiana, Entella, Trapani, Bologna e Verona. Dura solo un attimo, la gloria, dicono. Ma Petkovic ha il diritto di non essere d’accordo.

Argentina 9

Nel nome e nel segno di Messi, maramaldeggiando di rigore i Tulipani sfioriti, brutta copia riveduta e scorretta della Grande Olanda che fu, l’Albiceleste è semifinalista mondiale per la quarta volta nella sua storia. Nelle precedenti, in un’edizione è diventata campione: era il 1986, Diego superstar. Ventisei anni dopo, Leo ha eguagliato i 10 gol di Batistuta ed è a una sola presenza dal record di presenze di Matthaus (25). Scaloni gli ha cucito addosso la squadra e Messi se l’è caricata sulle spalle, pensando certamente a Maradona. Forse, anche per questo, l’Albiceleste 2022 ricorda quella ‘86: attorno al suo simbolo è cresciuta una squadra solida e tostissima (leggi alla voce Acuna che, però, in semifinale non ci sarà; citazione doverosa anche per Otamendi, Molina e Mac Allister, pupillo di De Zerbi). Se Dybala, suo malgrado, è il testimone di pietra della scalata verso il cielo, Lautaro è riuscito a tornare protagonista con il colpo di coda dagli undici metri. Buon segno in vista della semifinale, da giocare con Emiliano Martinez pararigori. Porta bene.

Marocco 10

Abbiamo fatto la storia, ha sbottato Walid Regragui, con la felicità di chi sa di non esagerare perché è tutto vero. Il Marocco, prima nazionale africana e araba in semifinale, la storia del Mondiale l’ha già cambiata. Merito dell’ex difensore, che racconta come, da ragazzo abbia giocato 4 mila partite prima di essere scoperto da Rudi Garcia nel Corbeil-Essonnes, Terza Divisione francese. Il 2022 è decisamente l’anno magico di Walid: alla guida del Wydad Casablanca ha vinto il campionato marocchino e la Champions League africana, ora in Qatar viaggia tre metri sopra il cielo. Camerun (‘90), Senegal (2002) e Ghana (2010) erano arrivati ai quarti, il Marocco ha fatto molto di più. Ha fatto l’impresa che entusiasma un continente intero ed ha decisamente uno stampo globalizzato: dei 26 giocatori chiamati da Regragui, 17 sono nati fuori dal regno di Mohamed VI. Il Marocco ha pareggiato con la Croazia, ha battuto il Belgio e il Canada, ha fatto fuori la Spagna e ha fatto piangere Ronaldo, subendo un solo (auto)gol, di Aguerd. Difesa fortissima, centrocampo tignoso, spirito di squadra esaltato al massimo. Bounou si ispira a Buffon e a Van der Sar, è stato Premio Zamora quale miglior portiere della Liga (e si è visto parando i rigori di Busquets e Soler), è già un eroe nazionale; Ounahi è la grande rivelazione del centrocampo; Saiss è il leader indiscusso della retroguardia; Hakimi e Ziyech sono le stelle; Amrabat il più grande affare (rivalutato) della Fiorentina di Commisso. E il bello deve ancora venire.

Francia 8

Prima della partenza per il Qatar, a Deschamps dissero: la Francia è talmente forte da poter schierare due Nazionali. Didier, serafico, rispose: può essere, a me basta cne vinca una. Delle quattro semifinaliste è la squadra che, sinora non ha compiutamente espresso tutto il suo potenziale, avendo incassato anche l’indolore sconfitta con la Tunisia, sebbene in campo il ct avesse mandato la Francia 2. E poi, quando Mbappé s’inceppa, come contro l’Inghilterra, ecco il supermilanista Giroud che, a 36 anni, consolida il primato di miglior marcatore di sempre nella storia dei Bleus. Lloris, intanto, zittisce i critici con una prestazione degna della sua fama (143 presenze in Nazionale, record assoluto). Undici gol in 4 partite sono un viatico beneaugurante per la supersfida con il Marocco, a patto che Kylian torni re, la difesa non si distragga e non regali due rigori agli avversari. Non sempre capita di incappare nell’errore fatale di Kane: se Harry avesse segnato anche il secondo penalty, forse per i campioni del mondo in carica sarebbe finita almeno ai supplementari. Mais, c’est la vie.


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