ArgentiNapoli, la festa diventa un inno a Maradona

Prima il silenzio assordante, poi il boato: come a Buenos Aires. E quel pellegrinaggio al murale nei quartieri spagnoli è pura poesia
ArgentiNapoli, la festa diventa un inno a Maradona© ANSA
Davide Palliggiano
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Napoli è la città più argentina fuori dall’Argentina. Non è un luogo comune, è la pura verità. La vittoria del Mondiale l’ha certificato, la festa ha unito due popoli simili, che vivono in simbiosi tra le strade del centro storico, dove gli argentini erano tantissimi, ancor di più di quelli che di solito risiedono a Napoli. Sui social, nei giorni scorsi, si erano messi d’accordo. In migliaia, da tutte le parti d’Italia, avevano deciso di vedere la partita nella “ città del Diego ” per motivi che non c’è nemmeno bisogno di spiegare. «Como argentino la quiero vivir acá» aveva detto poco prima della finale Lautaro, che di cognome fa Sarni, ed è uno di loro. È di Buenos Aires, il bisnonno era molisano, tifa Boca ed è maradoniano, ma vive a Napoli come tanti suoi connazionali. Non poteva scegliere posto migliore per festeggiare il terzo Mondiale dell’Albiceleste. E s’è sentito a casa.

Pellegrinaggio da D10S

La processione è cominciata prima della partita: migliaia di “ muchachos ” si sono ritrovati in piazza Dante tra balli e cori per poi percorrere via Toledo e sparpagliarsi nei bar in cui trasmettevano la partita. In tanti, di origini italiane, risiedono a Napoli in attesa di ricevere la cittadinanza, per poi cercare lavoro in Italia o in Europa. Altri ci rimangono, lavorano qui, sono “ nomadi digitali ” che hanno deciso di voler respirare un’aria simile a quella della loro Argentina. Si trovano a loro agio, si sono emozionati come se fossero a Buenos Aires, a Córdoba o a Rosario. Durante la partita, per strada, c’era solo qualche turista disinteressato. Poi il silenzio, come quando il Napoli gioca in Champions o una partita di cartello. Al fischio finale, al rigore di Montiel, è esplosa la festa che ha unito tutti. In Qatar non c’era l’Italia e bisognava pur trovare un’altra nazionale a cui affezionarsi. Scelta non difficile, visti i presupposti. La serata è proseguita con canti, balli e fuochi d’artificio in piazza Dante, ma solo dopo aver visto Messi alzare la Coppa. Dopo, immancabile, la visita al murale di Maradona ai Quartieri Spagnoli. Per tanti, un “ santuario ” , un posto in cui rendere omaggio a D10S e inevitabilmente al suo “ figlioccio ” Leo. Un pellegrinaggio di curiosi, turisti e solo dopo, in un momento più intimo, ma non riservato, la comunità argentina s’è spostata lì in massa per l’inevitabile tappa di quello che per tutti loro è un pellegrinaggio. Un doveroso saluto e, perché no, un ringraziamento al Diego.

Baires in festa

In Argentina la festa è stata e sarà senza precedenti. Milioni di persone sono scese in strada cantando i cori che abbiamo ascoltato durante i Mondiali. Da La Quiaca, al confine con la Bolivia, fino a Ushuaia, Terra del Fuoco. E, ovviamente, a Buenos Aires. Uniti nella festa tifosi del River, del Boca e di tutte le altre squadre della Capitale. Il Teatro Colón, scenario principale della musica classica in Argentina, ha indossato la camiseta de la Selección sulla facciata. Ma è l’Obelisco, in Plaza de la Republica, il punto in cui la maggior parte dei tifosi si sono radunati riempiendo anche l’avenida Corrientes e l’avenida 9 de Julio. In Spagna, dove vivono centinaia di migliaia di argentini, hanno festeggiato la vittoria: a Barcellona, dove c’è la comunità più consistente, ma anche a Madrid. Scene di festa si sono viste anche a Miami, negli Stati Uniti, ma non solo. È stata una festa globale, planetaria. Per molti, che non hanno visto Maradona, è stato il primo Mondiale vinto e vissuto in prima persona. Protagonisti, a ragione, di quello che in Argentina hanno definito un “ mar de lagrimas y euforia ” . Un mare di lacrime ed euforia. Questo significa vincere la “ tercera ” . Questo significa vincere un “ Mundial ”.


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