ROMA - Non è passata inosservata la protesta dei circa 700 tifosi della Spal presenti ieri nel settore ospiti dello Stadio Olimpico, arrivati a Roma per seguire la propria squadra. I tifosi ferraresi sono rimasti in silenzio per tutti i 90 minuti del match, senza esporre striscioni e vessilli. Motivo? Il divieto di far entrare la bandiera raffigurante il volto di Federico Aldrovandi, studente di Ferrara deceduto il 25 settembre 2005, all'età di soli 18 anni.
REAZIONI - Nelle ultime ore la protesta sta montando sul web. Soprattutto dopo le parole di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, protagonista di un'altra vicenda giudiziaria molto nota all'opinione pubblica. Scrive Ilaria sulla sua pagina Fb: «Federico Aldrovandi aveva 18 anni appena compiuti. Sappiamo tutti come è morto. La bandiera con il suo volto non è stata fatta entrare allo stadio per la partita Roma-Spal. Io sono con lui. Senza di lui io non sarei mai arrivata fin qui. Roma è la mia città, ed io amo la mia città, ma io sto con Aldro. Un abbraccio a Patrizia e Lino». Patrizia e Lino sono i genitori di Federico, da sempre impegnati in prima persona nella salvaguardia della memoria del proprio figlio, attraverso un blog e una pagina social.
Dalla Questura di Roma confermano che la bandiera è rimasta fuori perché «non era autorizzata in quanto nessuno aveva chiesto l'autorizzazione per l'ingresso» Questa la spiegazione tecnica: «per far entrare la bandiera era necessaria una richiesta da presentare tre giorni prima presso il gabinetto della Questura. Se infatti bandiere e striscioni non sono presenti nell'elenco del materiale autorizzato a inizio stagione dall'Osservatorio per le manifestazioni sportive, la richiesta va fatta di volta in volta». Oltre alla bandiera per Aldrovandi, ai tifosi della Spal è stato impedito l'ingresso anche di altro materiale.
IL CASO ALDROVRANDI
Era la notte del 25 settembre 2005 quando Federico Aldrovandi stava rientrando da una serata passata con gli amici in un locale di Bologna. Nei pressi della sua abitazione, a Ferrara, incrociò una pattuglia della Polizia. Ci furono dei controlli e una colluttazione in cui il giovane perse la vita. Il 6 luglio 2009 quattro poliziotti sono stati condannati in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione, per "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi". Il 21 giugno 2012 la Corte di Cassazione ha confermato la condanna, con pena ridotta a 6 mesi per applicazione dell'indulto.