Mihajlovic, un uomo

Mihajlovic, un uomo© ANSA
Ivan Zazzaroni
4 min

Il cappellino scuro, via la mascherina, ecco gli occhi di Mihajlovic, tutto il suo carico di coraggio e speranze. Sinisa, innanzitutto; Sinisa che dopo sei settimane di cure in semi-isolamento ha sorprendentemente lasciato la stanza del reparto oncologico del Sant’Orsola per raggiungere Verona. Mantenuta la promessa che a metà luglio aveva fatto alla squadra: voleva, doveva esserci. La panchina come supplemento di terapia, tra forza e imprudenza. Negli ultimi giorni non si teneva più, il leone voleva ritrovare la foresta, e l’autorizzazione concessagli dai medici va interpretata come la più bella delle notizie.

“Non mollare!” ha gridato un tifoso veronese mentre l’auto che trasportava il tecnico del Bologna lasciava l’hotel per il Bentegodi. Non mollerà, così come non mollano, o quantomeno ci provano nel silenzio, le tante persone comuni alle prese con la lotta per la vita.

Applausi all’ingresso, un sorriso appena accennato, il suo.

Ora il resto, molto meno emozionante. Nel discorso finale agli allievi della scuola di politica in Garfagnana Matteo Renzi ha rivendicato il titolo di “cintura nera di cazzate” invitando i giovani a farne qualcuna o a provarci. Nel nostro ambiente (calcio italiano) e più in generale nel Paese sono presenti numerose cinture rosse (al nono dan) di sciocchezze fatte, dette e scritte: in minoranza gli occasionali, incorreggibili gli abituali.

Anche le cazzate - non tutte, alcune - possono tuttavia essere non dico giustificate ma almeno spiegate: penso al rigore al Napoli concesso da Massa (non ci può essere la prova tv per Mertens, dal momento che l’arbitro ha visto e sbagliato in piena autonomia). Premesso che anche il tocco di mano o di braccio “colposo” lo considero un’assurdità autorizzata da questa stagione dall’Ifab, di fronte a un caso come quello del Franchi il designatore Rizzoli dovrebbe chiarire pubblicamente, oltre che rapidamente, cosa è successo e perché. Il silenzio e la spiegazione rinviata a data da destinarsi non sono più tollerabili.

Al solito, è bastata una sola partita per spingere qualcuno a trarre conclusioni “definitive”. In ordine sparso: è sempre la Juve di Allegri; Higuaìn è più funzionale di Dybala al gioco di Sarri; il Napoli non ha bisogno di Icardi.

Al Tardini non ho rivisto la Juve di Allegri ma una squadra che non ha ancora avuto il tempo di assimilare le idee del nuovo tecnico il quale, fra tournée e convalescenza, ha dovuto saltare la metà delle sedute: nel primo tempo, però, la capacità della Juve di non far ripartire gli avversari mi ha ricordato quella del miglior Napoli.

Capitolo Dybala: è il centravanti tecnico ideale per questo Sarri, anche perché può consentire a Ronaldo di agire con maggiore libertà, campo e rapidità. Infine il Napoli: ha mostrato uno sorprendente rapporto tra le occasioni create e i gol segnati; appunto, sorprendente: ad Ancelotti serve il superbomber da area, che adesso non ha.

Restando alla Juve, trovo curioso che non riesca più a vendere un solo giocatore in Italia: a Torino qualcuno è convinto che si siano formate delle alleanze innaturali al solo scopo di aumentare le difficoltà dei campioni. Rugani potrebbe rompere i nuovi patti e finire alla Roma che di un centrale ha bisogno come del pane: la squadra gioca, ma dietro è orribile.

Il pane per la Lazio continua a essere Immobile, risolutore di una squadra che fa della temerarietà il suo elemento più significativo - Lazzari un signor acquisto, due problemi risolti.

Pensierini sparsi:

1) Tra poco molti top club faranno a cazzotti per convincere Allegri e Mourinho a tornare in panchina: Real, Manchester United (ma perché Solskjaer fa giocare Rashford esterno e non centrale, visto che è la punta che in Europa attacca meglio lo spazio?), Psg (Tuchel discutibilissimo anche nei rapporti) e Bayern (previsione: Kovac non finirà la stagione).

2) Arturo Calabresi, 23 anni, nazionale agli ultimi Europei Under 21, per giocare deve trasferirsi in Francia, all’Amiens, mentre in Italia arrivano improbabili difensori turchi, sudamericani, croati e nordici. Discorso antico. Come la testa e le abitudini di alcuni nostri dirigenti che hanno la “necessità” di far girare il denaro più che il pallone.


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