A Brescia insulti a Pjanic dal 90% della curva del Brescia: altro che pochi imbecilli!

Sono stati circa 4700 i tifosi che hanno urlato cori razzisti contro il centrocampista della Juve. Sempre più necessaria un’azione incisiva di tutto il movimento
A Brescia insulti a Pjanic dal 90% della curva del Brescia: altro che pochi imbecilli!© ANSA
Marco Evangelisti
3 min

Non era necessario arrivare dove osano le aquile o toccare qualche fondo abissale impermeabile alla luce. Bisognava indagare, rendersi conto della distorsione etica che ha intaccato il cuore del tifo organizzato, raggiungerla, intervenire. Lo hanno fatto. E sono arrivati gli arresti e Daspo lunghi mezza vita. Perché prima di tutto occorre convincersi, guardare in faccia il male, non distogliere gli occhi. Rischiare che il male guardi te. E di nuovo convincersi, come gli alcolisti. Abbiamo un problema e non è una spruzzata di imbecillità mimetizzata in un panorama di saggezza. A Brescia hanno misurato l’estensione di un guasto culturale ampio quanto l’Italia. Quanto una bella e ricca parte d’Italia, perlomeno. Il novanta per cento degli spettatori contenuti in una curva piena ha tentato di offendere Pjanic. Che i colpevoli ci siano riusciti è improbabile. Che gli abbiano gridato epiteti con quel preciso scopo non è negabile.

Di fronte a questa enormità il giudice sportivo ha ritenuto opportuno procedere con la condizionale, perché dai, in fondo è la prima volta. Dimostrando come quel problema culturale del calcio sconfini dagli stadi e invada anche gli uffici istituzionali. Oltre a distrarre gli arbitri, che dovrebbero intervenire sul momento. Il lato oscuro del tifo può essere circoscritto, persino eliminato. A Torino lo hanno pure daspato: pretendeva lucro, minacciava la Juventus, promettendo di metterla in situazioni simili a quella di Brescia, i cori razzisti usati come strumento di estorsione. Il club si è ribellato al pizzo in versione ultrà. Ciò che doveva fare. Così le forze dell’ordine hanno potuto agire come spetta a loro, riportare legalità sul territorio.

Lo stadio è Stato, non terra di nessuno. La Roma ha promesso di bandire dalle sue partite un tale che insultava Juan Jesus sui social, notoriamente altra zona neutra secondo alcuni malsani immaginari collettivi. E poi ha invitato la Lega di Serie A a muoversi. A guardare in faccia la realtà, per quanto infame. Paul Rogers, che della Roma guida l’area digitale, è stato ancora più chiaro: ha scritto che la lega, intesa come Serie A, per abbattere il razzismo deve prendere posizione tutta insieme, costi quel che costi. Costi anche un novanta per cento di fuoriusciti. Costi anche una trasformazione antropologica del pubblico. Per uno o molti che desistono dalla lotta ci saranno sempre altri disposti a prenderne il posto. In stadi più giocosi, ripuliti dall’avidità, dalla prepotenza, dai cattivi odori, dal razzismo. Sarà il nostro calcio libero.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Serie A, i migliori video