Mura: "Perché sto con Capello e Allegri ma contro il Var e il linguaggio"

Il giornalista, avvocato difensore del contropiede, invoca altre ripartenze
Mura: "Perché sto con Capello e Allegri ma contro il Var e il linguaggio"© ANSA
Ivan Zazzaroni
7 min

Allegri discusse animatamente con Sacchi, battibeccò con Adani, si ribellò, insomma. Conte ha risposto stizzito a Capello, e allora sapete che faccio? Una cosa rivoluzionaria: intercetto Gianni Mura, un giornalista, ovvero un testimone di primissimo livello, lo intervisto. Lui ci sta, incuriosito e stimolato dalle accuse di contropiedismo rigettate da chi non ammette critiche al gioco della sua squadra. Nulla di nuovo, per carità: anche Trapattoni, secondo per ripartenze solo a Rocco, rispondeva così a chi lo bollava di difensivismo: «Ma se gioco con due punte e due mezzepunte!». Non risultava convincente, ma a Trap, un lord, abbiamo sempre perdonato tutto. «Offensivo il sospetto di contropiedismo lo è diventato negli ultimi tempi» spiega Mura, 74 anni, tre quarti dei quali di sport visto, amato, raccontato, analizzato e solo in parte perduto. «Oggi l’Atalanta si dispone tutta a uomo e nessuno si scandalizza. Trovo stupida anche l’esaltazione del possesso palla. La penso come Capello: cosa me ne frega di fare una serie di passaggi tra i quattro difensori se non guadagno un metro? Se dici che un allenatore ha vinto col contropiede è come se l’accusassi di avere usato mezzi non del tutto legali. Eppure il contropiede è cinquant’anni di calcio della nostra Nazionale. Ci abbiamo vinto un Mondiale. Non il penultimo, l’ultimo, segnando pochi gol e subendone uno solo. Invoco anch’io una ripartenza».

Di che genere? L’avversario?
«La tecnologia, che toglie quel po’ di fascino rimasto al calcio».

Ti riferisci al Var, immagino.
«Al Var e non solo a quello. Mi sta bene quando la tecnologia risolve la questione del gol non gol. Ma per il resto è un casino. Anche per questo si è giunti alla ridiscussione del fuorigioco di pochi millimetri, il fuorigioco di naso. Io attaccante già devo preoccuparmi del mio marcatore e della porta, non posso sapere dove metto il naso o se il mio piede sinistro è leggermente più avanti di quello del difendente. E’ il perfezionismo che uccide, accanimento terapeutico. Il virtual coach, poi, un regalo della Lega. Quando ho cominciato, l’allenatore aveva un vice e al massimo un preparatore. Ora si presenta con una squadra di collaboratori e allora mi chiedo: cosa sei se ti aiutano in quindici? Siamo all’eccesso di attenzioni. Posso capire nel basket, nella pallavolo, nel tennis, ma quando i metri sono 110 per 70 hai voglia a controllare le variabili... Mi dice se un giocatore è stanco o gioca poco a sinistra. Bene: poi intervengono lo scivolone di Di Lorenzo, la papera di Meret e l’errore di Manolas, per portare esempi recentissimi, e sai che me ne faccio di quel genere di assistenza? Il calcio è mistero senza fine bello, come diceva Gianni Brera, non un trattato di anatomia. Seriamente, sarebbe giunto il momento di ribellarsi alla logica industriale della monocultura tecnologica per tornare alla sapienza del calcio. Il Var sta fallendo. La discrezionalità non è stata annientata, anzi, ne è nata una nuova. Chi ricorre al video, chi fa da sé. Mi indispettisce quello che è appena successo al Sassuolo, gliene han fatte di tutti i colori. Ho assistito a decisioni ridicole, poi vai a scoprire che l’intervento di Criscito su Berardi è quasi da rosso, ma alla fi ne è Berardi che viene espulso. E’ giustizia relativa. Conservo la fede nell’uomo, meno nelle macchine». ù

Le macchine sono mosse dall’uomo.
«Bisognerebbe capire se in funzione di sé o solo per fede nelle macchine».

Ti daranno del nostalgico.
«Ci stanno cambiando le carte in tavola. Linguaggio, tecnologia, sento puzza di bruciato. Parliamo dei commenti. Alcuni mi piacciono: Pecci, Marocchino, Tardelli, Bergomi, Marocchi, non mi allargherei. Gente che ha giocato e che sa di cosa parla. Spiegazioni chiare, accessibili. Adani e gli adanisti sembrano laureati a Coverciano, usano un linguaggio per iniziati».

Lele ha giocato in Serie A, non è un improvvisato.
«Ma ha sposato l’altra corrente, il fronte esterno, il linguaggio esoterico. Trovo molto onesto Allegri quando dice che se un giocatore è stanco se ne accorge lui, non chi sta a guardare... Ricordi quando era vietato il cellulare? Non parlo di cinquant’anni fa, ma di dieci, quindici. Ora tutto è permesso. Un miliardo di informazioni inutili. Sarà anche un gioco sadico, ma mi dà un certo gusto vedere allenatori che in panchina prendono appunti con biro e blocchetto, probabilmente a quadretti. La considero una forma di resistenza, non l’unica possibile. Vaneggio, e allora suggerisco una raccolta di firme su scala europea. Tifosi, ex calciatori, testate nazionali e internazionali, Guerino, l’Equipe, So Foot, Don Balòn… Rivedere il Var che ha dimostrato di non funzionare. Impazzisco quando sento dire che “c’è stato contatto”. Il calcio è uno sport di contatto, ma c’è contatto e contatto. E il ralenti deforma la realtà. Soprattutto in Italia gli attaccanti sfruttano la tecnologia a loro favore con voli di dodici metri per una mano appoggiata sulla spalla o un tocco lieve e sopportabile. Tutta questa ipersensibilità la lasciano al confine quando giocano in Europa dove cambia il metro di valutazione».

Indica la via praticabile: rinunciare al Var oggi è impossibile.
«La chiamata degli allenatori, e un utilizzo chirurgico contro i simulatori, perché il calcio, lo sport, è rispetto delle regole».

Gianni, quale la squadra più piacevole del momento?
«Non pecco di originalità se rispondo l’Atalanta. Fino a due anni fa non sapevo nemmeno chi fossero Gosens e Hateboer che oggi giocano da grandi. Con coraggio. Il coraggio che manca al Napoli. E che aveva con Sarri e prim’ancora con Benitez, il tecnico che gli ha dato una dimensione internazionale. A volte mi piace il Cagliari, sempre più spesso la Lazio. Un bel campionato, dài. Positivo anche il ritorno di Ibra. Fa sul serio, porta carisma, presenza fi sica e non solo».

L’Inter ti ha sorpreso?
«Durissimo batterla. E ha la miglior coppia di attaccanti per assortimento. Lukaku oltretutto è di una correttezza estrema, tempo fa lo paragonai a John Charles, il gigante buono. Quei due non dormono mai, gli lasci un metro e ti castigano. L’Inter non è così inferiore alla Juve, Ramsey e Rabiot non sono al top, lo stesso dicasi per De Ligt, infatti sta giocando Demiral. Per fortuna di Sarri non sono partiti Dybala e Higuaìn. Onestamente pensavo che Sarri potesse fare peggio».


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