Becchini, con tutto il rispetto

Becchini, con tutto il rispetto
Alessandro Barbano
3 min

Con tutto il rispetto - dice Roberto Speranza - far ripartire il calcio con più di 400 morti al giorno è l’ultimo dei problemi. Così la retorica del becchino diventa la lingua della politica al tempo del coronavirus. I cadaveri davanti a tutto. Perché nessuno abbia a pretendere di affrontare i problemi nel merito. Il Paese vuol ripartire? Prima viene la vita. È lo slogan del più severo, arbitrario e oneroso lockdown d’Europa. Se poi è il calcio a volersi svegliare, la risposta si carica di un intercalare falsamente compiacente, ma in realtà arrogante e liquidatorio: «Con tutto il rispetto», che pretende il calcio?

Perché il calcio, si sa, non gode di buona fama. È il simbolo di quel capitalismo che spende e consuma ciò che non ha. Una certa intransigenza millenarista vorrebbe fargli espiare le colpe della pandemia. Che paghi, allora. Per principio e per calcolo. Di fronte a una Caporetto sanitaria, figlia di una sequela di imperdonabili errori, un capro espiatorio non fa mai male.

Con tutto il rispetto, ministro, la vita è qualcosa di più complesso della conta dei cadaveri. La vita è anche voglia di ripartire. La vita è un’economia sportiva che sfama migliaia di famiglie. La vita è la più grande fabbrica di emozioni del Paese, che potrebbe rappresentare la passione superstite degli italiani nell’anno più triste che verrà. La vita è un piano per giocare a porte chiuse, con test preventivi e rigide misure di sicurezza, che merita di essere valutato con altrettanta serietà.

Con tutto il rispetto, ci sia consentito di sospettare che l’eccezione ha un po’ preso la mano. Dando a una classe dirigente delegittimata un certo gusto del comando. Che fa dire a un altro politico, Pierpaolo Sileri, vice del ministro Speranza: «Sport individuale sì, ma non più di 40 minuti». Ci sarebbe da ridere se non venisse prima da piangere. Quale evidenza epidemiologica giustifica questo limite temporale?

C’è davvero tutto e il contrario di tutto, in questa insipiente Babele di saltimbanchi che, in nome della pandemia, strappano un attimo di gloria in tv. Prendete Burioni, il virologo che a febbraio diceva «rischio zero in Italia» e adesso, da profeta del rischio, ha trovato un posto fisso nel salotto di «Che tempo che fa». Quando Fabio Fazio gli chiede, ammiccando con un sorriso complice, se far ripartire il campionato, gli basta dire e non dire con una smorfia del viso. Perché i becchini del calcio hanno dalla loro il dardo di mille dubbi pseudoscientifici e distinguo morali, ma neanche un solo argomento razionale. Che spieghi qual è il rischio di giocare a porte chiuse per la collettività e per gli atleti, in una fase due in cui il Paese pure dovrebbe ripartire.

Con tutto il rispetto, è una resa dei conti, dentro e fuori dal calcio. Una guerra nell’economia di guerra della pandemia. C’è chi vuole fermarsi per non retrocedere, chi s’illude di non pagare i calciatori e di essere pagato dalle tv, chi vuole dare una lezione all’unica federazione che resiste, e da ultimo chi lucra sull’angoscia e sulla morale per tornaconto personale, o anche solo per vanagloria. Così, un Paese può farsi più male di quanto già non gliene faccia il coronavirus.


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