Spadafuori

Spadafuori
Ivan Zazzaroni
4 min

Perché Vincenzo Spadafora ripete in giro che domani o dopodomani il governo chiuderà il calcio con un dpcm ad hoc? E perché due presidenti di Serie A lo vanno raccontando con intollerabile soddisfazione ai colleghi? Sono gli stessi che telefonano continuamente al ministro spacciando baggianate e facendogli rimediare figuracce come la frase sulla Lega che si sarebbe dichiarata contraria alla ripartenza o la chiusura degli allenamenti nei centri di proprietà dei club ai professionisti degli sport di squadra (il provvedimento modificato grazie al buonsenso dei governatori di Emilia-Romagna, Campania e Lazio e all’intervento decisivo del Viminale).

Quali sono le motivazioni - ne servono di gravissime - che inducono il ministro a esercitare pressioni prima sul comitato tecnico-scientifico e poi su Conte affinché firmi il blocco del campionato e l’inizio della crisi più ingestibile di sempre?

E non ho finito: giorni fa il premier-tifoso non aveva assicurato che avrebbe fatto il possibile per restituire il calcio agli italiani? Ed è vero o no che il virus sembra stancarsi (preghiamo) e che proprio oggi il Paese è entrato nella fase-2? E lo è altrettanto che sempre Conte aveva annunciato la fine dei dpcm?

Domande tante. Risposte, nessuna. Promesse, alcune e sgradevolissime. E parole vuote e post figli della personalizzazione di un confronto che dovrebbe essere istituzionale, di un’urgenza di protagonismo e di consenso social, oltre che dell’assoluta mancanza di serenità.

Spadafora, due presidenti (più uno non del calcio) e un paio di manager da una parte («gentaglia che sta approfittando dell’emergenza per fare il golpe in vari settori si muove alle spalle di chi decide» il commento di un importante operatore); Uefa, Figc, Lega, calciatori, agenti e appassionati dall’altra.

A proposito di calciatori. Uno dei temi più scabrosi è proprio quello legato al taglio degli stipendi che l’eventuale “stop governativo” renderebbe inattaccabile solo su un piano formale: alcuni club e i loro player si rivedrebbero spesso in tribunale. Secondo voi i professionisti di A e B rimarrebbero con le mani in mano di fronte a una sforbiciata da 585 milioni per la sola Serie A, se si considera il monte stipendi ’18-19? La cifra sale ulteriormente con l’incremento registrato nella stagione in corso grazie soprattutto a Juve e Inter e aggiungendo la quota della B. E, attenzione, trascuro per il momento il discorso relativo alla perdita del posto di lavoro per i professionisti meno tutelati, visto che il lockdown farebbe sparire numerose società delle serie principali.

I calciatori sono agitatissimi. Alcuni di loro non hanno ricevuto neppure gli stipendi di febbraio (5 squadre di A) e cominciano a ipotizzare il ricorso alla messa in mora.

Ecco, a questo punto sento agitarsi i social, i demagoghi di dozzina e anche gli impoveriti, i protagonisti di questa stagione avvelenata: ma con l’aria che tira devo preoccuparmi dello stipendio dei calciatori?

Assolutamente no, non faccio il sindacalista, men che meno dei calciatori: racconto fatti e aggiungo un’opinione non campata per aria come i tanti bla bla che frequentano pagine e trasmissioni: 1) m’interessa sapere se le trattenute volute dai presidenti sono destinate alle casse dei club o piuttosto a quelle delle loro aziende devastate dalla pandemia: in altre parole, se i soldi del calcio resteranno tutti nel calcio; 2) rammentando quella solidarietà sparita dall’orizzonte del mondo sportivo, destinerei le risorse accumulate con il taglio degli stipendi “maggiori” ai calciatori “minori” che la confusione virale ha mandato allo sbaraglio. Con le mogli, i figli, i congiunti veri, le compagne che non esibiscono le belle forme su Instagram.


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