Un delitto di calcio (evitato, per ora)

Un delitto di calcio (evitato, per ora)
Ivan Zazzaroni
5 min

Un po’ di cose che ho raccolto, il più delle volte filtrato e mai rimosso durante il lockdown: giusto due mesi oggi. Giornate piene di telefonate fatte e ricevute (centinaia), contatti con istituzioni sportive e non, politici, presidenti, direttori, calciatori e ex, agenti e colleghi, anche tra loro qualche ex. Trovo che sia giusto trasferirle al lettore - si tratta di voci, verità piene e a metà, cattiverie, dietrologie e insinuazioni - affinché sappia come si è mosso - malissimo, male, benino, bene - il “suo” calcio.

Sono sempre più convinto che da alcuni presidenti la pandemia sia stata vissuta non soltanto come una disgrazia sociale, ma anche come un’improvvisa opportunità. L’occasione per tentare di risolvere in modo radicale i tanti, troppi problemi accumulatisi prima della sospensione del campionato. Prova ne sia che cinque società su venti hanno continuato a non pagare gli stipendi e che, addirittura, in alcuni casi non hanno neppure affrontato con la squadra l’argomento tagli o riduzioni. La Juve si è mossa prima degli altri, ma non è stata presa a esempio. Ho pertanto condiviso un paio di riflessioni sulla malagestione fatte anche privatamente da Massimo Cellino.

Il complottismo ha accompagnato la fase meno sopportabile del blocco. Un presidente di Serie A ha tenuto a farmi sapere che Lazio e Napoli avevano cercato, pur se in tempi diversi, di ottenere una wild card per disputare la Champions. Naturalmente ho cercato riscontri e non li ho trovati: solo decise e quasi violente smentite. Dunque: balle spaziali. Un altro dirigente mi ha rivelato che a Brescia e Spal erano stati offerti 35 milioni a testa per accettare la B. Anche qui, zero conferme.

Non è tutto: qualcuno ha addirittura ipotizzato che esistesse un piano per annullare il campionato e far ripartire il prossimo con le posizioni di classifica e le partecipazioni alle coppe maturate l’estate scorsa (un castello fragilissimo, subito smontato dal presidente Gravina).

Restando al blocco, mi è stato prospettato anche questo incredibile scenario: cancellazione, fallimento di sei società e intervento federale per individuare gli accorgimenti utili a recuperale e tenere in vita il format a 20 squadre. Ovviamente con l’abbattimento fisiologico di quasi un miliardo di passività.

Segnalo che - curiosamente, ma non troppo - il rischio d’impresa è sempre finito non sulle spalle dei presidenti ma su quelle dei calciatori i quali, peraltro, avevano mostrato e ancora mostrano una grande disponibilità a trattare la riduzione dei compensi ma solo a decisioni definitive prese. In tutto questo l’Aic? Vuota politica.

Numerosi ritardi sul piano della ricerca di soluzioni concrete si sono registrati soprattutto per l’accanimento con cui alcuni padroni del vapore(tto) hanno tentato di fermare tutto, attraverso il richiamo a una decisione del governo, aggirando così lo spettro della retrocessione e evitando il pagamento ai giocatori delle mensilità di marzo, aprile, maggio e giugno. Totale risparmiato, oltre 600 milioni. Come ripete spesso Galliani: «Voi giornalisti sbagliate quando parlate di netto. Faccio un esempio semplice-semplice: Ronaldo non prende (e non costa) 31 milioni, ma 60». Giustissimo.

Altro punto fondamentale: la scadenza dei contratti e della chiusura dei bilanci, ossia il temutissimo 30 giugno, è diventata solo nelle ultime ore un’urgenza: per quanto ne sappiamo le delibere in tal senso saranno adottate nel consiglio federale della prossima settimana - caldissimo il tema delle licenze.

Capitolo (eventuale e auspicabile) ripartenza. In queste settimane di pausa forzata (inattività totale) i club avrebbero potuto approntare le soluzioni indispensabili al riavvio: hotel e campi sportivi da predisporre per il periodo di allenamento e campionato, mezzi di trasporto e tutto quello che sarebbe servito (e servirà, speriamo) a far lavorare in sicurezza i calciatori e gli operatori coinvolti.

Niente di tutto ciò, a parte le negoziazioni per ridurre le mensilità.


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