L'inganno della Diretta gol

L'inganno della Diretta gol© Juventus FC via Getty Images
Alessandro Barbano
3 min

La Diretta gol in chiaro è l’ultimo regalo di un ministro che fa danni allo sport anche quando si applica con le migliori intenzioni. Perché è un surrogato della gratuità, che non soddisfa il grande pubblico, scoraggia e mortifica gli abbonati, deprezza i diritti tivù, da cui dipende l’intera economia calcistica e, perciò, danneggia le società e i broadcaster.

Purtroppo, è una risposta politica molto comune di questi tempi. È maldestramente statalista, perché depotenzia un mercato che, per stare in pari con i rivali internazionali, avrebbe bisogno di crescere. Ed è smaccatamente populista, perché illude i cittadini con l’idea di una fruizione democratica e popolare del calcio, ma in realtà li condanna alla nevrosi di un talk show che mostra e nasconde allo stesso tempo la partita, e che con il sano godimento dello sport ha poco o nulla a che vedere. Se Spadafora volesse davvero riequilibrare un sistema fuori controllo, dovrebbe far costruire stadi a misura delle famiglie, non di quegli ultrà dai lui chiamati in causa in Parlamento per sostenere la necessità di fermare il campionato. Sono le infrastrutture la leva per risanare lo sport e riportarlo in una dimensione comunitaria, ed è su questo fronte che la guida dello Stato può e deve incentivare e indirizzare l’intrapresa dei privati.

Ma di opere pubbliche il ministro non sembra interessarsi, avendo fin qui ignorato tutti i dossier che sono giunti sulla sua scrivania. Non è mettendo i bastoni tra le ruote del mercato che il calcio risorgerà migliore e più etico, come più volte ha invocato Spadafora, ma piuttosto rafforzando la sua economia reale, fatta di impianti, ticket, attività collaterali connesse al commercio, al turismo e allo sviluppo delle città, e quant’altro può controbilanciare le fughe e gli azzardi finanziari del sistema.

Allo stesso modo, se davvero il ministro vuole aiutare le famiglie a godere dello spettacolo, defiscalizzi gli abbonamenti alla Pay Tv, consentendo anche ai cittadini di portarli in detrazione, o almeno in deduzione. Sarebbe questa una politica liberale che promuoverebbe lo sport, come la cultura e la buona informazione. Incentivi fiscali avrebbero effetti migliori di sussidi a pioggia e bonus improbabili.

Le crisi sono fatte per cambiare. Se c’è una visione oltre il trito paradigma dirigista e populista visto fin qui, la politica ha l’occasione e insieme il dovere di mostrarla. Riflettano il ministro e tutto il governo. 


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