Supercoppa Juve-Napoli, Sarri: un fantasma per due panchine

Per la Juve rinunciò all’amore di Napoli. Oggi è il disoccupato più evocato non solo dalle tifoserie
Supercoppa Juve-Napoli, Sarri: un fantasma per due panchine© ANSA
Ivan Zazzaroni
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Dieci giorni fa ha compiuto 62 anni e mentre non li festeggiava («perché dopo i sessanta c’è poco da festeggiare») le orecchie continuavano a fischiargli. Da quando la Juve ha deciso di abbandonare il Progetto Belgioco, Maurizio Sarri ha smesso di essere il riferimento costante e più naturale dei giochisti per trasformarsi in un incidente di percorso bianconero ricordato con insistenza e un filo di acredine, e poco importa se il nono scudetto della serie porterà per sempre la sua firma.

Con il mondo Juve c’entrava poco o nulla. Fu proprio lui il primo a rendersene conto quando a luglio - per un’urgenza di bilancio del club - gli toccò comunicare a tre giocatori “invenduti” che non sarebbero stati inseriti in lista: Sarri non entra peraltro mai nelle scelte di mercato, la stessa autonomia che concede al direttore sportivo la pretende poi al momento delle scelte sul campo. Si narra anche di contrasti con Chiellini, custode della juventinità e dirigente in pectore, e Ronaldo, ci si ricorda della visita di cortesia allo stesso Ronaldo, fatta per spiegargli il tipo di calcio che l’allenatore avrebbe voluto trasferire a Torino. Un calcio impossibile per una Juve «inallenabile».

Oggi Sarri è il fantasma che si aggira - disturbato e a distanza - dalle parti di Reggio Emilia, è “the Other” della Supercoppa Italiana, rispolverato tutte le volte che la Juve affidata al suo successore, il giovane Pirlo, incontra difficoltà e perde punti.

Molti di noi provarono per mesi a capire quale fosse in realtà il rapporto tra Sarri e la Juve: fatica inutile, poiché la sintonia non fu mai trovata, al punto che nella fase più complicata della stagione il tecnico rivolse ai dirigenti queste parole: «Se non vi vado bene, perché non mi mandate via?».

E dire che per la Juve Sarri aveva accettato di spezzare il cordone che lo legava a Napoli, la città e la squadra che meglio l’avevano compreso fino a farlo diventare una sorta di masaniello, oltre che l’ispiratore unico di un gioco mai visto in precedenza. Napoli tradita dimenticò il dito medio mostrato ad alcuni tifosi juventini particolarmente eccitati; e dimenticò partite tanto belle da non sembrar vere; e dimenticò l’entusiasmo e i cori del San Paolo; e dimenticò la crescita verticale di una squadra intera; e dimenticò lo scudetto perduto una sera in un hotel di Firenze. Cancellò l’amore: nelle stagioni del Sarrismo cuore, pancia e occhi erano stati gli organi più sollecitati. L’attore e regista Massimiliano Gallo, autore del documentario “Maurizio, il Sarrismo - Una meravigliosa anomalia”, spiegò così la sua amarezza nel giorno dell’ufficializzazione di Sarri sulla panchina della Juve: «Maradona è l’unico che è rimasto sempre fuori dal sistema dicendo no alla Juventus come a Blatter, senza mai sedersi a quei tavoli. Resta un’icona. Sarri ha avuto a Napoli per un po’ di tempo la stessa popolarità di Diego. Ma alla fi ne, dopo aver propugnato l’attacco al Palazzo, è andato a lavorare in quel Palazzo».

Da mesi Sarri, che si è trasferito nella nuova casa, a Castelfranco di sopra, a metà tra Firenze e Arezzo, vive la più agevole delle disoccupazioni, avvertendo tuttavia un bisogno quasi fisico del campo, degli allenamenti, del contatto quotidiano con i giocatori, i collaboratori, i magazzinieri, dei piccoli e grandi appuntamenti che hanno segnato la parte più piena della sua esistenza. Per lui il calcio non è mai stato un lavoro. Quando gli segnalai che lo stavano cercando alcuni club per farlo tornare a lavorare, mi rispose: «La vedo dura, io e te in realtà non abbiamo mai lavorato. Forse qualche anno, ma tanto tempo fa».

A Napoli Sarri era arrivato pieno di ottime intenzioni, perqualche settimana si era illuso di riuscire a instaurare un rapporto di amicizia con Aurelio De Laurentiis, che nei primi giorni gli aveva mostrato la luna, il mare e le stelle: non aveva fatto i conti con il carattere del presidente, la cui centralità non avrebbe dovuto essere messa in discussione. Sarri fece l’errore di spostare la tifoseria dalla parte sbagliata.

Tra cinque mesi si esaurirà il rapporto contrattuale di Sarri con la Juve: dicono che non intenda rinunciare a un solo euro e qualcuno gli rimprovera l’attaccamento al denaro. Le solite ipocrisie: anche le delusioni, in particolare le più grosse, hanno un prezzo.


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