Tempo scaduto

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Ivan Zazzaroni
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C’è solo l’Inter tra il Milan, il Napoli e lo scudetto. La Juve, perso il galletto, si è dissolta: abbondano i polli. La Roma, quarta a 9 punti dal vertice, vive dei disorientamenti, delle sollecitazioni e degli entusiasmi che le provoca alternativamente Mourinho. L’Atalanta lascia per ora un punto a partita al Milan, mentre la Lazio deve ancora prendere le misure di Sarri, e viceversa.

A Empoli Inzaghi ha ottenuto quel che cercava attraverso scelte conservative, fatte in funzione del terzo impegno in sette giorni. Può permettersi numerosi cambi, Simone, ma non rinuncia al suo giocatore prevalente, Barella: quando ha i polmoni pieni, Nicolò lega tutti i fili della manovra e i settori, godendo della meritata libertà, e produce strappi straordinari.

Quelli che mancano alla Juve attuale, fin troppo normalizzata. In un tempo non troppo lontano ogni volta che il Sassuolo si presentava a Torino i dietrologi in servizio permanente effettivo lo riducevano a “Scansuolo”: l’impressione che si desse per sconfitto in partenza era forte, disarmante, e il finale puntualmente la confermava: dall’Allianz Stadium gli emiliani uscivano con il carniere vuoto. Quel tempo sembra definitivamente passato: adesso il Sassuolo affronta la Juve con spregiudicatezza e riesce addirittura a batterla mostrando un’organizzazione invidiabile e soluzioni che si chiamano Berardi e Frattesi o addirittura “Mini” Lopez (ripenso spesso allo splendido primo tempo con l’Inter e alla superiorità, in quella circostanza, della formazione di Dionisi). Trova terreno fertile, peraltro, perché può investire sui limiti della squadra di Allegri, inconsistente in attacco e perforabile nel preciso momento in cui, esaurito lo slancio e provando a vincere o a recuperare, concede spazi sfruttabilissimi. E sfruttati - ammetto che in passato la Juve aveva vinto partite giocate peggio.

Dopo aver ricordato che proprio il Sassuolo è storicamente la bestia nera di Allegri, sottolineo che la sua bestia bianconera è da stasera a 13 punti dal vertice con il corredo di 13 gol subiti nelle prime dieci giornate, peggior risultato dall’88/89. La fine delle solite illusioni. Sono 14, invece, quelli che ha segnato, 8 degli attaccanti o facenti funzione (3 Dybala, 2 a testa Morata e Kean, uno Chiesa). La scorsa stagione, nelle prime dieci uscite effettive Ronaldo di reti ne aveva realizzate, da solo, 12: manca come il pane alla Juve, si spiega anche così l’atteggiamento tenuto spesso nel periodo dell’inseguimento a testa e difesa basse.

Certo, a fine ottobre non è più possibile, né onesto, tentare di spiegare il pesantissimo ritardo con la semplice assenza di Cristiano, né con un mercato inesistente: la Juve esprime una fragilità e un’impotenza insospettabili fino a un mese fa e da qui in avanti dovrà pensare a rimodularsi in funzione dell’unico obiettivo raggiungibile, la zona Champions.

Spalletti e gli sfigati

Ora, sì, riconosco il miglior Spalletti, quello che maneggia con abilità i paradossi. Alla vigilia della sfida col Bologna, riecco Luciano: «Lamentarsi degli arbitri è da sfigati». Come rispose il napoletanissimo Troisi a Girolamo Savonarola, che in “Non ci resta che piangere” gli ripeteva con insistenza il suo “ricordati che devi morire”, mo’ me lo segno.

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«Totti tra 20 anni sarà dimenticato. Non è eterno come Messi e Maradona», e questo è Antonio Cassano. Al quale ieri ha risposto indirettamente Zeman a “Un giorno da pecora”, Radiorai: «Totti rimane sempre il simbolo della Roma. Si è visto anche domenica scorsa, quando c’era qualche coro contro e molti pro. Totti sarà ricordato, io sto dalla sua parte. E di Cassano tra 20 anni ci si ricorderà? A Bari, forse». Tra i commenti più ironici e educati, segnalo quello di Giuseppe Falcao: «Antó, c’è gente a Roma che, quando sente il mio cognome, a distanza di 40 anni ancora si emoziona a parlare di mio padre… Pensa se uno si può dimenticare di Francesco. P. S. Io ricordo benissimo il tuo cappotto, ad esempio». Sospetto che Cassano, al quale non riesco proprio a voler male, abbia preso spunto da un aforisma di Caramagna: «Vieni che ti faccio vedere come si crea una tempesta passando la mano sopra antiche fotografie impolverate».

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Non digerisco più i telecronisti urlatori da gol: altra musica gli ispiratori Osmar Santos e Fiori Gigliotti. Certe voci stridule, poi, dispensatrici di euforie fuori luogo, spesso immotivate. Se i Big Joe Turner del calcio non sopportano i polemisti, siamo 1 a 1. E palla al centro.


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