Inchiesta plusvalenze, il pallone in fiamme (gialle)

Inchiesta plusvalenze, il pallone in fiamme (gialle)
Ivan Zazzaroni
4 min

Babbo Natale è andato a far visita al calcio italiano. Non era vestito di rosso, ma di giallo-verde e grigio antracite e aveva sostituito la slitta con un’auto targata G. di F. Niente renne, dunque, né doni, solo allarmi, turbamenti, un po’ di fumo e tanto clamore: ogni azione, ogni colpo di scena, quando riguarda il calcio assume immediatamente una dimensione iperbolica.

Era sospettabile che l’inchiesta sulle plusvalenze della Juve, partita da Torino si estendesse ad altri club e attivasse più procure della Repubblica (wait and see). Eppure la prevedibilità non ha attutito l’effetto del blitz, anche perché ha interessato addirittura la sede della Lega calcio. Il cui vertice, per inciso, si trova per impegni o vacanze natalizie negli Stati Uniti. Non è semplice chiarire quali potranno essere gli sviluppi delle indagini sul piano sportivo. Che numerose valutazioni di giocatori fossero gonfiate per aggiustare i conti anche prima della pandemia, è immaginabile: provarlo è però un lavorone - sottolineo peraltro che il ricorso alle plusvalenze si è esaurito da molti mesi. Giornata piena di fibrillazioni, questo 21 dicembre: oltre alle preoccupazioni per l’aumento dei casi di positività che ha portato alla mancata disputa di una partita di campionato, abbiamo registrato l’intervento rigoroso e coerente del presidente federale Gravina sul caso Salernitana e, appunto, l’irruzione delle fiamme gialle negli uffici di Inter e Lega.

Se il calcio si permette degli stravizi finanziari la colpa, lo ripeterò fino allo sfinimento, è soprattutto di chi non esercita nei tempi giusti il controllo al quale è deputato. I nostri club sono pieni di creativi, di fantasisti e di impellenze: l’unica via per frenare slanci, sforzi e taroccamenti è una severa vigilanza esterna.

Il fenomeno delle plusvalenze non è una nostra esclusiva, il guaio è che noi non sappiamo trattenerci, e comunque è irritante lo stupore delle istituzioni. Allargo il discorso. Fifa, Uefa e fino a poco tempo fa la stessa Federcalcio non hanno svolto il ruolo di “governanti”. Non sono mai entrate nel merito con competenza e rigore. A oggi - e qui penso a Fifa e Uefa - hanno esclusivamente organizzato eventi di due tipi, quelli importanti per produrre utili e quelli inutili, o quasi, per finalità politiche, i cui costi vengono coperti con i ricavi dei primi. Risorse che sarebbero dovute servire per contenere il danno economico generato globalmente dal virus, ma che le istituzioni si son ben guardate dal distribuire alle leghe. Perché - le stesse - non mostrano il lavoro svolto per individuare e affrontare le patologie che affliggono da tempo l’operato dei club? Hanno verificato con cura i bilanci delle società prima che questi esplodessero? Hanno creato commissioni miste per studiare e accompagnare l’evoluzione del sistema? Hanno chiesto conto ai club dei comportamenti borderline? Hanno condannato le ripetute e costanti infrazioni regolamentari?

No! è la risposta a tutte queste domande. Se ne sono altamente fregate e adesso, nel momento in cui tutte le componenti chiedono la riduzione del numero delle partite e l’abolizione di quelle inutili, Infantino insiste con il Mondiale biennale. Per quelli della Fifa i soldi sono eticamente e moralmente accettabili soltanto quando sono loro a incassarli.


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