Serie A, i presidenti ci mettano la faccia

Serie A, i presidenti ci mettano la faccia© ANSA
Alessandro Barbano
3 min

La tentazione di buttarla in politica mostra da sé l’incapacità di autogovernarsi. Così spuntano i nomi di Casini, Veltroni, Alfano, Maroni, e chi più ne ha più ne metta. Ma quale politico che si rispetti accetterebbe di mettersi alla guida del più litigioso, e del più refrattario alle regole, consesso umano del Paese? La Lega calcio è un catino ardente di veleni, conflitti di interesse, trappole e pressioni di ogni genere. Nelle quali è fin qui franato qualunque tentativo di mettere in piedi un governo e farne valere le decisioni. Dal Pino paga la volontà di portare nel calcio, attraverso l’ingresso dei fondi, il capitale ma soprattutto la competenza del management finanziario globale. E’ lecito pensare che toccherà presto la stessa sorte a chiunque gli succederà.

I conflitti si amplificano in una contraddizione delle regole. Lo statuto, varato sotto l’egida del Coni, vieta che a guidare il sinedrio dei presidenti sia uno di loro. Questo divieto contraddice le ragioni stesse della Lega, che è un’associazione di soggetti portatori di rivalità reciproche, ma anche di interessi comuni. Questi dovrebbero prevalere su quelle. 

Accade il contrario. Così la terzietà richiesta al presidente finisce per somigliare a quella dell’arbitro, chiamato a dirimere un conflitto insanabile. Qualunque arbitro sottoposto alla volontà di una maggioranza finirà prima o poi per essere espulso dal sistema. Si cambi schema. Il presidente della Lega dovrebbe essere il riferimento e la sintesi dei singoli presidenti dei club, che si organizzino in maggioranza, riconoscendo una leadership. Sarebbe logico che ciascuno di loro potesse, a turno e per un periodo di tempo limitato, rappresentarli tutti. La pratica di eleggersi reciprocamente eserciterebbe una sorta di un’educazione al rispetto e alla leale collaborazione, virtù di cui c’è tanto bisogno.

Allo stato l’unanimità c’è solo sulla condivisione del disaccordo, quella espressa ieri con 17 schede bianche e due nulle su venti, per dire: dateci tempo. Il tempo stringe, e non solo perché incombe il commissariamento. Ma perché attorno alla divisività dei presidenti si è fatta terra bruciata: ci vuole davvero uno stipendio con molti zeri per convincere un manager di qualità ad accettare la nomina, sapendo di rappresentare solo una maggioranza di interessi in conflitto, che lo userà come scudo. Si cambi lo statuto, e i presidenti ci mettano la faccia. Invece di invocare il salvagente dei politici in pensione, coltivino la virtù della buona politica, la sola che aiuta a guardare lontano.


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Serie A, i migliori video