Juve-Inter, chi ha tempo e chi no

Juve-Inter, chi ha tempo e chi no© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Conta di più per l’Inter. La Juve “modificata” o, se preferite, in fase di rinnovamento, ha appena ricevuto le rassicurazioni di John Elkann: oltre alle risorse, ai soldi insomma (parte dei 400 milioni del recente aumento di capitale), l’azionista di famiglia ha concesso il tempo. Non troppo: a Torino anche la generosità ha un limite.
Conta di più per l’Inter perché è la detentrice del titolo ed è stata a lungo in testa, ma soprattutto perché ha assai meno tempo e denaro e vivrebbe il mancato bis con sofferenza; sofferenza che aumenterebbe se lo scudetto finisse al Milan ormai entrato nel loop del club supervirtuoso.
Conta di più per l’Inter anche perché da un paio di mesi la struscia poco, non a caso un filo di nervosismo è trapelato dalle risposte di Simone Inzaghi, di solito accomodante, misurato e distante da sottolineature dietrologiche: «Penso che le critiche facciano parte del nostro mestiere e vadano accettate» ha detto prima di aggiungere che «so distinguere quelle costruttive che aiutano a crescere e maturare, da quelle costruite ad arte che non prendo in considerazione». Siamo al rumorino dei nemici.
Conta parecchio pure per Marotta e non più per un’urgenza di rivincite personali, quelle se le è già prese attraverso Conte. Da un paio di stagioni è condannato all’autogestione: la proprietà cerca tuttavia di non fargli mancare la propria presenza. Allo stadio. La vittoria garantirebbe a Beppe altro ossigeno e crediti.
Conta abbastanza per il provocatore smascherato Max Allegri che furbescamente si augura «di vivere una bellissima serata» e ha aggiornato il numero delle candidate allo scudetto considerando anche il Milan e il Napoli.
Ma conta tanto anche per Dybala, che ha davanti a sé due mesi che non si sarebbe mai aspettato e il timore di perdere addirittura i Mondiali: Scaloni lo vuole impegnato ad alto livello. A ventotto anni Dybala insegue un progetto tecnico che lo contempli seriamente, non certo i fantamilioni di un Atletico Malcomune o di una Pardense qualsiasi.
Conta qualcosa anche per chi - come noi e come tanti di voi - non si è ancora ripreso dalla batosta azzurra e quando ha sentito alla radio Fabio Caressa suggerire alla Lega di far disputare ugualmente tre partite di campionato durante il Mondiale, per la precisione dalla fine della prima fase, ha pensato che non fosse una cattiva idea. Juve-Inter come balsamo per chiunque voglia resistere alla dittatura della sconfitta: una sfida in grado di restituirci novanta e passa minuti di calcio alto, Irrati permettendo. Rocchi non me ne voglia, ma trovo che questo arbitro sia più bravo, il migliore, al Var, non proprio il massimo in campo. Spero di sbagliarmi.

Più Sarri che Ciro (stavolta)

La stessa imprecisione e la stessa frenesia che l’hanno ridotto in Nazionale. La superdifesa pubblica di Sarri e il ritorno al campionato e all’Olimpico non hanno prodotto in Ciro gli effetti sperati: troppo fresca la delusione mondiale e personale, comprensibile lo stordimento.
Contro il Sassuolo privo di Berardi e Maxime Lopez, assenze decisamente pesanti, la Lazio ha vinto di gioco più che di risolutore. Tutto ha funzionato, a partire da Lazzari e dalla fase difensiva, che si è distratta solo a due minuti dalla fine, per proseguire con lo sviluppo della manovra, la pressione sulle uscite degli avversari, il tratto veloce e insistito.
Non ha avuto bisogno del suo moltiplicatore di gol, la Lazio, e già questa è un’ottima notizia per l’allenatore che a inizio aprile è riuscito finalmente a ottenere le risposte che da tempo cercava: era stata brillante e efficace anche a Cagliari, la sua squadra, ma una grossa mano gliel’aveva data la formazione di Mazzarri aprendosi continuamente al contropiede, regalando spazi e occasioni. Il confronto “giornalistico” Immobile-Scamacca è stato infine vinto, ma solo ai punti, da Ciro: per l’impegno e la presenza continua dentro la partita.


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