Napoli-Roma: Pellegrini e Di Lorenzo, eredi sul trono

Lorenzo ha avuto i gradi nel 2021 al posto di Dzeko. Giovanni promosso dopo l’addio dell’icona Insigne. Mou e Spalletti non riuscirebbero a farne a meno
Napoli-Roma: Pellegrini e Di Lorenzo, eredi sul trono
Roberto Maida
6 min

Capitani ereditari, per coincidenza ma non per caso. Lorenzo e Di Lorenzo, il cuore di Roma-Napoli con vista sull’azzurro. Saranno loro a indirizzare emotivamente la partita dell’Olimpico, in cui anche un dettaglio psicologico può determinare l’errore e quindi un potenziale svantaggio. Loro, che per arrivare ai gradi di leader hanno dovuto attraversare tutto il cursus honorum, aspettando il momento giusto per indossare la fascia senza fremere per strapparla a chi li precedeva. Loro, che per le rispettive squadre sono praticamente insostutuibili: Mourinho, che già di per sé non è un fan del turnover, è quello che «se avessi tre Pellegrini, li farei giocare tutti e tre. Con lui basta uno sguardo per capirci: se sta bene, Lorenzo va in campo»; Spalletti invece, nelle rotazioni che ritiene indispensabili tra campionato e Champions, stabilisce un’eccezione per il suo Giovanni che «sembra un robot e non un umano: anche negli allenamenti post partita spinge fortisssimo, non abbassa mai la tensione, ha una resistenza formidabile. Nessun allenatore rinuncia a un calciatore così».

Lo scatto

Coincidenze e non casi, si diceva all’inizio. Perché un professionista esemplare non arriva al massimo ruolo possibile di una squadra di calcio solo per un colpo di fortuna. Ma gli incroci favorevoli incanalano le grandi storie. Pellegrini è stato nominato capitano all’improvviso, pur essendo «un predestinato» come lo ha chiamato ieri in un’intervista l’amico El Shaarawy: gli hanno detto che Dzeko sarebbe stato degradato dopo il duro scontro con l’allenatore di allora, Paulo Fonseca, nell’inverno del 2021. Per lealtà verso il compagno, del quale aveva stima, e per le circostanze turbolente della decisione della Roma, Pellegrini avrebbe volentieri aspettato prima di farsi carico del ruolo. Ma di fronte alla rigidità dei dirigenti, per l’interesse collettivo, ha accettato. Da quel momento nessuno l’ha più discusso, nello spogliatoio e nello stadio . E il rinnovo contrattuale, celebrato a pochi mesi dalla scadenza, ha fortificato il legame con la Roma. È difficile pensare che Pellegrini possa ormai giocare con un’altra maglia, a parte la Nazionale. A 26 anni, nel pieno della maturità calcistica, vede solo i colori che amava da bambino: «Quello che dico sempre ai nuovi arrivati è che la Roma non è un ponte di passaggio ma un punto d’arrivo. Roma è Roma» ha spiegato qualche mese fa, per rendere l’idea. Lorenzo, nato a Cinecittà a pochi metri dai vecchi studi cinematografici, lo ha dimostrato con i fatti: dopo il biennio formativo al Sassuolo, rinunciò a un’offerta più ricca del Milan pur di tornare a casa.

La gavetta

Casa per Di Lorenzo è la Garfagnana, quella Toscana montanara incastrata tra le Alpi e l’Appennino, ma il porto sicuro dopo il lungo girovagare per le province è diventato il mare del Golfo. A 29 anni, Giovanni è il tipico esempio del calciatore completo. Da ragazzino giocava in attacco, con il soprannome impegnativo di Batigol, poi è stato adattato a centrale di difesa, finché l’ex “collega” Padalino da allenatore del Matera intuì che avrebbe potuto dare il meglio da terzino destro, con tanto campo in avanti da percorrere. Il lavoro lo ha portato a Empoli, dove ha conosciuto la Serie A e la Nazionale. Il talento gli ha concesso l’occasione Napoli, che lo acquistò nel giugno del 2019 per 8 milioni. Sembrava un contorno per guarnire la tavola, si è rivelato un primo piatto gourmet. Titolare con Ancelotti, inattaccabile con Gattuso, decisivo con Spalletti. L’estate scorsa poi, l’elezione: via Insigne per una separazione dolorosa ma condivisa, via anche Koulibaly che in teoria sarebbe stato il capitano secondo la linea successoria. E allora, nessun dubbio: la fascia va a Di Lorenzo, che ha meno presenze nel Napoli rispetto a Zielinski e Mario Rui ma incarna per tutti alla perfezione la figura che deve rappresentare. Applausi dai tifosi, applausi dai compagni. Come fai a non amare un tipo così? E ora De Laurentiis lo premierà, riconoscendogli un aumento di stipendio (oggi prende 2,4 milioni netti) e il rinnovo del contratto che scade nel 2026.

Azzurro scorrevole

Lorenzo e Giovanni, amici contro. Si sono conosciuti in Nazionale, partendo anche qui dalle silenziose retrovie. Nessuno dei due era un uomo-copertina del gruppo di Mancini, tutti e due con tempi e modi diversi hanno sovvertito le gerarchie. Qui il destino è stato più generoso con Di Lorenzo, che ha potuto vincere l’Europeo a Wembley da titolare. In teoria doveva essere la riserva di Florenzi ma dopo l’infortunio del compagno è entrato in squadra e non ne è uscito più. Quando si dice essere nel posto giusto al momento giusto. Pellegrini viceversa è stato molto sfortunato. Avrebbe partecipato alla grande avventura ma si è stirato un muscolo nell’ultimo allenamento prima del via: ha dovuto tifare Italia dalla tv, con la rabbia e la frustrazione di chi non poteva fregiarsi del titolo di campione d’Europa. Ma la giovane età gli concederà nuove possibilità, anche in azzurro, nel nuovo corso che da lui non può prescindere. E che su Di Lorenzo continuerà a contare. Le loro traiettorie sono l’esempio perfetto di una gradualità virtuosa e meritocratica. Hanno faticato per arrivare a centrocampo con il gagliardetto in mano, hanno interiorizzato la disciplina del sacrificio da trasmettere agli altri giocatori, hanno assunto le qualità per incidere su Roma-Napoli. Godiamoceli.


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