Tutta colpa di Spalletti

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Ivan Zazzaroni
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I secondi siamo noi. No, sul campo siamo noi. Poche ore dopo le parole a punti dei due allenatori si materializza alla Dacia Arena la sconfitta di un Milan inguardabile (Udinese ai suoi massimi fisici e tecnici) e i secondi restano tali, tanto i reali quanto i virtuali. Ascoltate le puntualizzazioni di Inzaghi e Allegri, i napoletani “liberati” continuano a godersela e già pensano con gioia che la prossima estate nessuno potrà esporre a Castel Volturno lo striscione provocatorio che recita “anche quest’anno vincete l’anno prossimo”. Strano derby d’Italia, quello che va in scena stasera. Una partita dai contenuti stravolti dal dominio di Spalletti - al quale è riuscita la regina delle combinazioni, risultato più spettacolo - oltre che da campagne acquisti per le quali neppure l’alibi del risparmio forzato può essere portato a giustificazione: i leader del campionato non hanno sbagliato una mossa partendo peraltro da quattro sacrifici. Inzaghi chiede anche chiarezza su classifica e posizioni: la otterrà parzialmente tra un mese esatto, il 19 aprile, giorno in cui Allegri spera di riprendersi i 15 punti tolti dal Tribunale Federale. Nessuno è in grado di anticipare come finirà. Viviamo da settimane nel dubbio. Un dubbio che quando sarà risolto lascerà comunque una coda di scontento fra innocentisti e colpevolisti. In silenzio stiamo noi. Anche noi del derby vero. La Roma ha optato per la bocca Serra(ta) dopo la conferma della pilatesca squalifica di Mourinho. Mentre da mesi Sarri parla quasi esclusivamente alla vigilia delle coppe che non gradisce, liberando la fantasia dei cronisti. Giovedì scorso si è tolto il peso e ora ritrova la settimana che gradisce di più: se riuscirà a recuperare Immobile in buone condizioni, la Lazio diventerà un fastidio enorme per chi punta al posto Champions.

Lazio-Roma è un Neuroderby

Questo Lazio-Roma è un Neuroderby a tutti gli effetti per tutto quello che l’ha preceduto e per ciò che produrrà. Mou e Sarri hanno un solo obiettivo: vincerlo. Non importa come. Il bel gioco, le pippe mentali non hanno cittadinanza all’Olimpico il giorno della partita che conta di più. Sarà colpa mia, o del silenzio dei due guru, ma stavolta non sono stato capace di percepire appieno il clima delle due vigilie: sono passate soltanto poche ore da Porto-Inter, Friburgo-Juve, Real Sociedad-Roma e AZ-Lazio e dai sorteggi che introducono un bel futuro e non ci è stato dato il tempo di entrare nel mood giusto. Spero di rifarmi con le partite, al di là delle stanchezze accumulate dalle squadre. Sono sicuro che a togliere una fetta del piacere contenuto nell’attesa dei grandi eventi sia il calendario supercompresso, questa infilata di partite una dietro l’altra che abbassa la qualità del gioco (sia atleticamente sia mentalmente l’atleta è stressato oltre limiti accettabili) e riduce l’attenzione e l’ansia dell’appassionato. L’altalena di risultati di alcune squadre (tutte, escluso il Napoli) si spiega anche con la tenuta e il livello dei giocatori.

La "sensibilità" di Infantino

Sensibilissimo al denaro, ai voti e al potere, il presidente Infantino è venuto incontro ai club aumentando il numero degli eventi. Quando si dice un dirigente illuminato. Dal sole di Doha, forse. La condotta del Gran Venale, intento a trasformare la Fifa in una banca, è criticata e ovunque condannata, ma alle parole non fa seguito un’opposizione concreta, solo un atteggiamento servile delle federazioni e dei club più potenti: dal Mondiale qatariota che ha violato la tradizione pallonara incassano ogni decisione di Infantino (e Ceferin) senza tentare una reazione dignitosa davanti alla gaudente dittatura. Si piegano i Padroni del Vapore, e allora perché non s’agita il sindacato mondiale dei calciatori? FIFPro esiste ancora? È mai servito a qualcosa?


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