Serie A, l’emergenza: solo quattro stadi sono di proprietà

La burocrazia frena, la Figc è preoccupata mentre Casini e De Siervo chiedono certezze
Serie A, l’emergenza: solo quattro stadi sono di proprietà© ANSA
Giorgio Marota
4 min

ROMA - Gli stadi nuovi sono come le riforme: tutti li vogliono, pochi li fanno. Perché la volontà, spesso, litiga con la burocrazia. E pensare che la politica in Italia ha adottato persino una legge ad hoc con l’obiettivo di agevolare le cose. Siamo il Paese delle mille norme e dei diecimila modi per complicarle o peggio ancora eluderle. E poi finisce come a Roma o a Firenze, solo per citare due casi emblematici: a colpi di comunicati contro l’amministrazione di turno, tra le beghe dei vincoli.

Problemi

Ieri la Lega Serie A si è imbattuta nella complessa avventura di voler dare una risposta al perché accade tutto questo, organizzando un convegno sul tema al Salone d’Onore del Coni dal titolo “Il futuro degli stadi in Italia”. D’accordo, c’è l’orizzonte temporale del 2032 (cioè l’Europeo che vorremmo ospitare) ma non può bastare. «Gli stadi bisogna farli a prescindere – l’invito del ministro per lo sport, Andrea Abodi – perché è finito il tempo delle scuse e degli alibi. Purtroppo abbiamo sempre bisogno di candidarci per avere un’agenda». Già, siamo fatti così. Gli altri programmano, noi rincorriamo le date. E fotografando la situazione del massimo campionato non si può che essere preoccupati: dallo stadio di La Spezia, costruito nel 1919 e ristrutturato nel 1990, allo Stadium della Juve costruito ex novo nel 2011. Al di là del bianco e del nero c’è un secolo a colori di stadi inaugurati e poi lasciati all’incuria. Alcuni impianti hanno avuto un restyling in occasione del Mondiale del ‘90 (Firenze, Milano, Napoli, Roma e Verona), ma sono passati già 32 anni da allora. E in alcuni casi ci troviamo al punto di partenza.

Proprietari

Ci sono poi le storie emblematiche: al Dall’Ara, ad esempio, non si muove una foglia dal 1929. Juventus, Sassuolo, Udinese e Atalanta sono proprietarie delle loro case, ma le loro storie sono oggi le eccezioni e non la regola. Gli stadi hanno infatti un’età media di 68 anni e la visibilità «pessima», come è stata definita ieri, ha ovvie ricadute sull’afflusso del pubblico. Lo ha spiegato Marco Casamonti, l’architetto che ha realizzato il restyling della Dacia Arena, il nuovo stadio di Tirana e sta ultimando il Viola park della Fiorentina; con Massimiliano Giberti, e su progetto dell’ad della Lega, Luigi De Siervo, Casamonti ha realizzato il volume “Lo stadio del futuro”. «In Germania l’età media è di 38 anni - ha spiegato - in Inghilterra di 35. In Italia gli stadi di proprietà dei club (o con una lunga concessione d’uso) sono il 24%, considerando le squadre di A e di B, in Germania e Inghilterra siamo oltre l’80%».

Ricadute

Ci rimette il pubblico e, di conseguenza, i club: in Italia la media riempimento degli spalti è poco sopra il 50%, in Germania arriva al 70%, in Inghilterra al 90%. «Siamo lontani anni luce – le parole di Gabriele Gravina, presidente della Figc - negli ultimi 15 anni sono stati realizzati 187 nuovi stadi nei paesi Uefa, in Polonia e Turchia ben 29, mentre nello stesso periodo qui 5. L’incidenza pertanto è dell’1% degli investimenti totali in Europa». «Gli stadi condizionano il mezzo televisivo attraverso il quale le squadre ricevono ricavi, ma abbiamo un problema con la burocrazia» la riflessione di De Siervo. «Lo sviluppo delle infrastrutture non è più rimandabile» secondo Cardinaletti, consulente di Lega per le infrastrutture, «perché gli stadi creano una legacy importante» ha ribadito la vicepresidente del Coni, Salis. «Non è un problema di norme – la chiusura di Casini, presidente della Serie A - né di risorse. I comuni da soli non ce la fanno, chiediamo un aiuto del governo sui progetti». Il procedimento, come detto, esiste: nella prima fase (60 giorni su carta) si presenta il progetto di fattibilità, viene indetta una conferenza di servizi preliminare e si dichiara il pubblico interesse; nella seconda (altri 60) il proponente presenta il progetto definitivo, si avvia la conferenza decisoria e il progetto viene approvato. Poi si costruisce. Facile, no? Ma la realtà...


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