Come si conviene a due rivali storici, passati attraverso famosi duelli rusticani per lo scudetto e una storica finale di Champions, insomma a Juve e Milan che si considerano da sempre “i migliori nemici” (definizione di Luciano Moggi, epoca pre-calciopoli, ndr), non c’è traccia di veleno né parola di sapore acido nelle parole che scorrono tra i due accampamenti a poche ore dall’incrocio dei rispettivi destini. A Torino Max Allegri e la Juve vivono esclusivamente per chiudere meglio una stagione tremendissima, cominciata con l’eliminazione dal girone di Champions e finita con il meno 10 in classifica per la penalizzazione da plusvalenze comunicata 10 minuti prima di incrociare l’Empoli lunedì scorso. A Carnago Stefano Pioli e il Milan vivono per conquistare gli ultimi punti, utili a prenotare la prossima Champions league, così alleviando i dolori lancinanti derivanti, oltre che dal ritardo inquietante denunciato in campionato, dall’esito delle sfide con l’Inter, finite con un umiliante 0 a 7 che ha persino oscurato il traguardo raggiunto della semifinale, inaspettato e francamente non da cestinare tipo rifiuti come son riusciti a fare i suoi tifosi.
Allegri e Pioli e il futuro
E che si sia giunti in prossimità di sentenze definitive e della fine della grande maratona calcistica post mondiale è confermato dagli argomenti scelti. Allegri, prima di sciogliere qualche dubbio sullo schieramento, ha puntato tutto su due messaggi in codice: 1) il colloquio avuto con John Elkann, il padrone di casa Juve; 2) la smentita d’aver posto il veto all’arrivo di Giuntoli ds bianconero. Sembra banale comunicazione ma ha invece un indubbio valore e serve per consolidare, agli occhi dello spogliatoio bianconero soprattutto, la leadership del tecnico livornese, specie dopo l’intemerata di Szczesny e la replica appuntita di Max « meglio se stava zitto » ) oltre che far sapere a Giuntoli stesso che a Torino non lo troverà sulle barricate. Se lo troverà. A specchio anche Stefano Pioli, a Milanello, senza neppure lo spunto di un quesito specifico, ha sentito il bisogno di far sapere che « meriti e responsabilità qui si dividono equamente e si attuano ragionamenti costruttivi per fare meglio in futuro » . Sulle prime, può sembrare una considerazione scontata e invece c’è l’evidente obiettivo di cancellare la distinzione tra buoni e cattivi, per intendersi nel giudizio tra il lavoro (considerato positivo) dell’allenatore che ha vissuto tutta la stagione con la stessa squadra del passato torneo (senza Kessie e Romagnoli) e il rendimento, molto discusso, del mercato svolto da Maldini e Massara, “massacrato” da critica e tifoseria.
Juve-Milan e gli obiettivi da raggiungere
Poi c’è il calcio, il luccichio dei due club, e i conti da fare con la classifica. La Juve - parole di Max Allegri - « ha passato giorni pesanti » , « dopo due brutte sconfitte dobbiamo rialzarci » , « ancora qualche speranza di Europa c’è » . Come si coglie al volo, ci si aggrappa alle frasi tradizionali per recuperare quelle energie, più nervose che tecniche, venute meno a Empoli, una sorta di crollo verticale determinato dal dispositivo della Caf. Il Milan ha davanti agli occhi lo striscione della Champions futura: può quasi toccarlo con la mano. « Vogliamo raggiungere il 4º posto o qualcosa di meglio » è l’ambizione di Pioli che sembra aver ritrovato un pezzo di quel Milan che proprio un anno fa di questi tempi andò a caccia dello scudetto con una cavalcata gagliarda. La Juve ha da sempre carenza offensiva, a dispetto di qualunque scelta, Vlahovic o Milik, Di Maria o Chiesa, ma solidità difensiva. Non solo. Dietro la Roma, è la squadra capace di fare più gol su calci piazzati: Rabiot, Bremer, Danilo sono i suoi specialisti nei duelli in quota. Proprio qui il Milan ha le sue documentate fragilità. E in attacco, a difesa altrui schierata, nonostante Giroud e Leao, ha sempre trovato grande imbarazzo più che grandi sbocchi, come ricordano i pareggi contro Empoli, Salernitana, Cremonese addirittura.