E pensare che tutto è cominciato in una città delle Midlands Orientali, fondata dai romani - in questo caso molte cose si spiegano -, centro nevralgico della rivoluzione industriale, due titoli inglesi vinti negli anni Settanta dalla squadra di calcio, oggi depressa in League One. Tutto è cominciato a Derby, dove nel diciottesimo secolo i giovani della parrocchia di All Saints sfidarono quelli di Saint Peter. La storia delle stracittadine parte da qui. In tre secoli ha fatto il giro del mondo: ci sono derby in Australia (Melbourne e Sydney), Thailandia (Muangthong United-Chonburi FC), Sudafrica (Kaizer Chiefs-Orlando Pirates) e Stati Uniti (il Clàsico californiano LA Galaxy-San José). Il derby è una sfida santa, dannata, sanguinolenta, epica, irrazionale. I punti in palio sono un dettaglio. A Roma, hanno provato a normalizzare la stracittadina prima Zdenek Zeman, poi Maurizio Sarri: è finita male. Il primo perse quattro volte di fila alla guida dei giallorossi contro la Lazio di Eriksson, il secondo è stato travolto dall’onda anomala di questa sfida e anche lui è entrato, alla fine, nella modalità derby. E’ un mood inspiegabile, che sfugge al controllo della psicanalisi. Il giorno del calendario, la prima domanda dei tifosi, su entrambe le sponde, è: «Quando si gioca il derby?». A livello tecnico non regge il confronto con altre stracittadine - vedi Manchester -, nel numero di titoli è lontano dalle cifre di diverse sfide mondiali, ma in una città millenaria come Roma ripropone atmosfere gladiatorie. L’Olimpico si traveste da Colosseo dell’epoca imperiale e anche i dati della capienza aiutano a giocare con la storia. L’Anfiteatro Flavio poteva accogliere 87 mila spettatori, l’Olimpico viaggia a quota 73 mila. Oggi non sarà un derby particolarmente ricco: le rose sono valutate 642,43 milioni - la Roma 362,15, la Lazio 280,28 -. Non sarà neppure d’alta classifica e forse non regalerà uno spettacolo eccelso, ma offrirà il solito contenitore di passione, irrazionalità ed eccessi che cataloga la stracittadina di Roma tra le dieci più calde nel mondo.
I derby più caldi
Il derby più antico andò in scena il 26 dicembre 1860: Sheffield FC-Hallam FC, 2-0. Per la cronaca, è anche la prima partita del football moderno, giocata secondo le regole di Sheffield. I due club sono sprofondati nelle categorie minori. Oggi il derby più datato dell’universo “prof” è l’Old Firm, la Vecchia Ditta, Celtic-Rangers. E’ anche il più titolato: 233 trofei, 117 in quota Rangers e 116 Celtic. La sfida di Glasgow va oltre il calcio: è una battaglia politica, religiosa, sociale. La prima assoluta fu l’Old Firm del 1° giugno 1890, 1-0 Celtic. In totale, 437 match: 169 successi Rangers, 166 Celts, 102 pari. Si gioca alle 12 per sorvegliare la situazione alla luce del giorno, nella speranza che il livello dell’alcol sia ancora tollerabile. L’Old Firm ha un curriculum di violenza: l’invasione di campo dopo la finale di Coppa di Scozia 1980, 1-0 per il Celtic, è una pagina nera. Oltre i confini della Manica, sono ad alta soglia di pericolosità il Super Clàsico argentino River-Boca, Olympiakos-Panathinaikos ad Atene, Flamengo-Fluminense a Rio, Stella Rossa-Partizan a Belgrado. Secondo FourFourTwo e Daily Telegraph, la sfida di Buenos Aires è «la più importante e con la maggior rivalità nel mondo»: los Millionarios - il River - contro los Xenéizes - i genovesi, tra i fondatori del Boca ci furono immigrati liguri -. Bilancio di 257 gare: 90 successi Boca, 84 River, 83 pareggi. Fla-Flu - definizione del giornalista Mario Filho - ha consegnato alla storia dei derby il primato di numero di spettatori: 194.603 nel 1963 al Maracanà per un anonimo 0-0.
Il bomber dei derby, la violenza e le rivalità in Inghilterra
Per trovare il re dei bomber bisogna invece fare tappa a Lisbona: Fernando Peyroteo con la maglia dello Sporting rifilò 48 gol al Benfica. La stracittadina di Atene, gli operai e i portuali dell’Olympiakos contro la borghesia del Panathinaikos, ha prodotto giorni di fuoco, tra tentativi incendiari, interruzioni per razzi e fumogeni, l’allenatore Yannis Anastasiou (Panathinaikos) stramazzato sul prato dopo essere stato colpito da un oggetto. Violenza pura è quella che segna da sempre il derby dei Dockers, West Ham-Millwall, a Est di Londra. Un film, Green Street, ha raccontato gli angoli più oscuri di questa partita. Ha prodotto morti e feriti. Londra è la città dei derby: 7 club in Premier, 2 in Championship, 2 in League One. I connotati sono geografici, secondo il quadrante urbano. Il più importante è il North London derby, Arsenal-Tottenham, un romanzo iniziato il 9 novembre 1896: 2-1 per i Gunners. Chelsea-Fulham, West London, è la stracittadina più chic della capitale britannica. Chelsea è zona di ricchi, Fulham ha il fascino dello stadio vintage, il Craven Cottage, sulle rive del Tamigi. Il derby più ricco è quello di Manchester: le rose di City e United sono valutate 2,13 miliardi. Ricordo personale è il match del 23 ottobre 2011, giornata triste, segnata dalla morte di Marco Simoncelli sul circuito di Sepang, in Malesia. Il City demolì 6-1 lo United all’Old Trafford. Il popolo Citizens umiliò gli avversari con il Poznan, la festa con le spalle rivolte al campo. In serata, visione registrata della partita a casa di Roberto Mancini, parlando di futuro e di Balotelli. Quel trionfo fu il trampolino di lancio per la conquista del titolo dopo 44 anni: il City dei grandi successi nacque quella domenica.